martedì 21 luglio 2009

"El Grio"

Non so se l'avete letto in questi giorni o l'avete saputo dalla televisione. L'altro ieri, una giovane alpinista vicentina. Cristina Castagna di 32 anni, ha perso la vita sulla catena del Karakorum, mentre scendeva dalla sommità del Broad Peak, la dodicesima vetta più alta del mondo. Ha colpito sicuramente tutti il bigliettino che ha lasciato "Se mi succederà qualcosa lasciatemi dove la montagna mi ha chiamato a sè".

Se volete, rendetele omaggio e andate a dare un'occhiata al suo sito, http://www.elgrio.net/ Dentro ci troverete tutta la freschezza, la voglia di vivere pienamente ogni minuto e la passione per la montagna che sicuramente facevano parte di lei. Lo dico con l'assoluta consapevolezza di aver ragione, anche senza averla conosciuta. Ho letto le frasi di cordoglio sul Guestbook ed ho riflettuto a lungo su questa nostra passione comune che è la montagna, rischi compresi.

E' inutile, chi non ce l'ha non la potrà mai capire. Nasce quando guardi in alto da bambino e ti chiedi semplicemente cosa si vedrà oltre. Quando ti portano a passeggio per mano e vedi le persone che ritornano, abbronzate, con gli zaini tintinnanti e l'espressione felice.

Beh, io la prima volta da bambino me la ricordo ancora adesso, anche se, probabilmente la mia prima montagna in realtà era poco più di una collinetta. Ma ricorderò per sempre quella visione diversa del mondo a 360°, senza ostacoli, con il sole che tramonta talmente lontano che è da un'altra parte del mondo. I colori caldi delle cime delle montagne vicine, i ghiacciai imponenti sullo sfondo e le grandi montagne, quelle che chi le conosce le pronuncia con rispetto, sempre presenti. Bellissimo da levare il fiato.

Non sono stato e ovviamente non sarò mai un valente alpinista, ma chi ama la montagna ama di un amore totale ed assoluto. Ed io amo sicuramente la montagna.

Le lunghe escursioni da bambino sono un elemento fondamentale, per farsi il fiato ed imparare che cosa sono la bellezza ed il rispetto. Ed io ho imparato, e devo ancora una volta ringraziare i miei, che sono stati maestri di vita in questa come in tante altre cose.

E sono fiero nel dire che se, oggi, camminando su un sentiero, mia figlia vede che qualcuno butta una cartaccia, lei la raccoglie, in silenzio, e me la mette nello zaino. Gliel'ho insegnato io.

Crescendo poi, cambia il modo di affrontarla, la montagna. Scopri possibilità ed esperienze nuove, le prime arrampicate con gli amici più incoscienti di te, i "descentrà", come li chiama ancora oggi mia madre. Frequentandoli ti senti simpaticamente un pò descentrà anche tu; gli alpinisti sono una razza tutta particolare, con una spiccata propensione verso i "generi di conforto"(alcoolici soprattutto ma non solo) ed il gentil sesso. Cresci e, comunque cresci sano, in un ambiente magari rude ma che, a suo modo ti forgia e ti protegge.

In quanti rifugi sono stato non me lo ricordo più, ma me li ricordo tutti, nessuno escluso. Ricordo la gentilezza di quei due gestori che avevano tenuto aperto il loro un giorno in più apposta per noi, dopo che avevano saputo che avremmo pernottato nella parte invernale. Ricordo anche le volte in cui si sono incazzati per benino, quando nella numerosa e chiassosa gita di fine stagione avevamo piantato un pò tropo casino. Ricordo i rifugi "importanti", quelli dove si sono riposati alcuni tra i più grandi nomi dell'arrampicata ed anche i rifugi meno blasonati, a pochi passi dalla città. In un rifugio ho fatto il mio addio al celibato, nel periodo in cui il sabato era sinonimo di "arrampicare".
Dopo l'incoscienza dei primi giorni è venuta poi la conoscenza, che per me è stata rappresentata dal corso di alpinismo Gervasutti; ai maestri della "Gerva" devo l'automaticità nella preparazione dei nodi, la tranquillità per portare a termine una via, oltre a mille altre cose.
Gli amici in parete sono quelli nelle cui mani affidi la corda a cui sei appeso e quindi la tua stessa vita; e durano tanto. Non ho tantissimi amici "veri", ma se ne devo lasciarne cinque in cima alla torre... beh, almeno quattro hanno lo zaino sulle spalle.
Le donne in palestra, per me, sono sempre state di due tipi: quelle che guardano e quelle che arrampicano. Le prime fanno un pò parte del gioco che ci piace tanto giocare, ma le seconde sono toste. Quasi tutte più toste di noi maschietti. Ne ho conosciute diverse, ne ho amata qualcuna, mi sono piaciute tutte, sempre.
Che Cristina sia (e non fosse) una tosta si vede leggendo di lei nel suo sito e nelle parole di chi la conosce. E una così non può non piacere.
La scelta di scrivere il biglietto è un altro atto di coraggio e di amore. Nel mio passato ci sono state un paio occasioni in cui, con l'attrezzatura messa in bell'ordine nella stanza, pronta da stipare nello zaino, mi sono fermato a pensare "E se capita qualcosa...".
Non ho mai scritto nessun biglietto, nel timore che mia madre, mettendo ordine nella stanza, avesse potuto trovarlo, leggerlo e soffrirne. Certo è che quando mi capita di pensare che, magari, la mia vita potesse aver fine, non mi dispiacerebbe ritrovarmi da qualche parte, in cima, a vedere lo stesso tramonto di quarant'anni fa.
Arrivederci Cristina, come si sente dire qualche volta nell'ambiente "Sei solo andata avanti". Spero ti potrà far piacere se ti inserirò nei miei racconti, incontrando e dando una mano a Paco, in qualcuna delle sue complicate salite. E se mai ci rincontreremo noi due, se ti farà piacere, sarà un onore farti sicurezza. Promesso.

2 commenti:

  1. La storia di Cristina, il suo biglietto, il suo talento... Conoscendo quasi niente di "arrampicate" ho immaginato quanto fascino avesse questo sport. Cri mi coinvolse, mi commosse e come te, su FB, ho voluto rendere omaggio ad una grande atleta.
    Spero non ti dispiaccia se raccolgo questo tuo post nel mio gruppo FB "El Grio - Cristina Castagna". Un cordiale saluto
    Vincenzo

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  2. @Vincenzo: non mi dispiace per niente, anzi. Sì, Cri ha "coinvolto e commosso" anche me. Non potevi scegliere parole migliori.
    D&R

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