lunedì 25 ottobre 2010

Chiuso [temporaneamente] per

Pigrizia, stanchezza, disordine mentale e mille altri motivi che non sto qui ad elencare, trovateli, se volete, e metteteceli voi.
Ed anche per troppo lavoro, sì, lo so che periodicamente mi lamento per quello, ma se uno si ritrova qui per la quarta domenica di fila (e da solo, n.d.r.) vuol dire che qualcosa proprio non funziona più a dovere. E se poi a questo ci aggiungi che ormai il mondo, se può farne a meno, evita anche di pagarti, beh, lo sconforto unito ai conti in rosso, ai ragazzi da pagare, ai mutui che incombono ecc. ecc., non fan altro che aumentare il disagio, fino a renderlo quasi palpabile ed opprimente
Pertanto insomma, adesso non mi va. Niente, nè da dire nè da pensare. Sterile e svogliato. Non ho niente da darmi. Niente urgenza di scrivere, niente dita che fremono, niente voglia di ricavarmi un minuto tutto mio per buttar giù qualcosa sulla tastiera.
Don't preoccup comunque, non mi chiudo certo in un angolo a compatirmi, anzi, mi sto sfondando di chilometri, quella è la mia miglior medicina, settanta solo questo mese, e ieri, per la prima volta il mio primo chilometro (tranquillo, senza forzare) a sorpresa sotto i 4'50", che per quelli che corrono e mi leggono non sarà certo un tempone, ma se penso com'ero solamente sette mesi fa, oggi non ho proprio niente di cui, almeno per quello, lagnarmi.

Quindi penso sia meglio schiacciare il tasto pause per un pò e buttarmi nella mischia.
Ma aspettate a brindare, comunque, che torno.
Magari prima di quanto immaginiate.
Buio.
Yours sincerely
Dreaming and Running

martedì 5 ottobre 2010

Scriverei

 scriverei e scriverei, questa sera. Non smetterei, giuro, forse ho il serbatoio pieno, lascerei vagare i pensieri così, senza pensarli, senz'ordine, come una biglia che rotola piano e con leggeri rimbalzi vien giù da una scala. Scriverei della mia voglia di correre di ieri, per il gusto puro e semplice di farlo, senza orologi, tempi sul giro o altro.
Del fiato che usciva regolare ed andava via libero e delle gambe che gli correvano dietro, non così stanche come di solito accade. Delle pozzanghere che ti vengono incontro, da calpestare incuranti degli schizzi, anzi.
E sono piccole fredde punture, spilli aguzzi sulle gambe veloci, la pioggia che inizia. Poi smette e riprende, a tratti, sotto una coperta di nuvole grigie, sopra gli alberi scuri, nodosi ed umidi.
Sono passi e pensieri calpestati, veloci passaggi sul giro di sempre, veloci pensieri sulla vita di sempre, che cambia, alle volte ti morde e ti straccia in frammenti minuti buttandoti via come disperati coriandoli, e poco dopo, guarda caso, ti ricompone lisciandoti e stirando le pieghe con il palmo della mano, poi ti guarda e sorride, di quei sorrisi che non dimenticherai. Sono la maglia a maniche lunghe per la prima volta e quasi nessuno, oltre a me, nei lunghi incantevoli rettilinei che sono così miei questa volta, che senti che vai, che il tuo piede si appoggia leggero e che il tuo cuore lo segue.
E passi. Passi il colombo dimesso che si allontana appena dai tuoi piedi. Passi i segni per terra, la giostra vuota dei bimbi, le altalene sconsolate. Passi il bidone malinconico e piegato con la lattina ancora per terra, le due panchine scrostate deserte, che sembra si tengano compagnia tra di loro e che si raccontino piano storie sentite chissà dove.
Aumenta, la pioggia. La incontri negli spazi all'aperto prima, poi cresce ed anche le fronde zuppe degli alberi non sono più un riparo e gocciolano libere, ma fastidio non è. Ed allora ne assorbi lo scroscio sommesso, il rumore continuo che isola, separa e protegge. La pioggia è a suo modo silenzio, è barriera di gocce su un vetro appanato, sono parole che colano e consolano piano, la pioggia ti avvolge, ti prende, ti lava di fuori, poi prende i pensieri accartocciati e nascosti, sciogliendo i peggiori e restituendoti solo gli altri, puliti e nuovamente limpidi, luccicanti cristalli.
E ti ritrovi così, con i sogni migliori che corrono e i piedi che vanno, tra foglie rossastre macerate di gocce d'autunno, arricciate e morbide, spazzate e schiacciate in mucchi soffici tra la strada ed il marciapiede del parco; ne cade qualcuna, ondeggiando ti accarezza sfiorandoti, la osservi scendere piano, seguendo quella striscia scolorita che si srotola in silenzio oltre il nero lucido dell'asfalto, tra pozzanghere via via sempre più ampie, puntinate da mille cerchi incrociati e da chiazze nere di alberi riflessi.
Corri, dunque, se hai anima e cuore puri, se hai ancora sorrisi e speranze e parole da dare. E corri più forte, più forte ancora, se puoi, sotto una pioggia così, dentro a una pioggia così, tra momenti di raffiche intense ed attimi di tregua. Corri e ripensi, alle cose che perdi, alle cose che trovi. A quelle che, inaspettate ritrovi e così, quasi perdute, sembran quasi più belle e più nuove. Ai tuoi graffi che credevi profondi e che la pioggia ti lava e scoloriti, van via.
I miei primi nuovi 8 km, ragazzi. Da non smettere.