venerdì 8 luglio 2011

Rivolto al sole

La luce rada e gialla che entra di taglio, accompagnata dallo sferragliare dell'apertura del basculante del garage: ogni mia giornata incomincia normalmente con un viaggio e uno sguardo rivolto all'orizzonte in una determinata direzione. Il più delle volte questa è verso il nord e ciò sta a significar lo studio come meta del giorno, il passaggio veloce sulla tangenziale e la colazione al mio bar con il cappuccino e la sfoglia deliziosa e croccante alla crema di mela, quando c'è ancora, quando non hai fatto troppo tardi tra le lenzuola. Qualche volta il muso della mia auto super rodata lo punto risolutamente verso sud, già pregustando quel mare, pronto ad annusarne appena possibile l'odore di reti e di onde e salmastro e di strida di gabbiani che affidano le ali a quel vento che sa sostenerle. Ed in quei giorni, per incasinato che sia ciò che andrò a fare sarà comunque sempre quasi vacanza e mi porterò indietro rumori dell'infrangersi di onde e sorrisi che sarà difficile poi, spegnere. Raramente mi dirigo ad ovest, che di solito vuol vuol dir montagne e odor di resina di pino ed aria fredda che rinfresca la pelle e scompiglia i capelli, qualche arrampicata di nascosto a recuperare serenità tra le pieghe della roccia che l'ingegnere oggi guardi mi dispiace ma non è proprio raggiungibile o diretto alla mia casa di lassù, al fondo della valle, quella casa  che ha visto così tanta della mia vita e di quelli che amo e che sta diventando malinconicamente e lentamente un pò meno mia.
Quelli verso Est però, la mattina prestissimo, son di sicuro i più belli.
Portano con sè il ricordo flebile dell'ultimo buio che scolorisce sottile sottile, impercettibile, delle sagome scure degli alberi delineate su sfondi di brume grigie, che diventano sempre meno indistinte.
Profumano di cornetti caldi, della focaccia con lo zucchero e risuonano del tintinnare dei cucchiaini nelle tazze dei primi caffè.

Ti sorprendi, osservando un gregge di pecore che riposano ammonticchiate placidamente su un prato ancora in ombra a due passi da quell'asfalto su cui passi veloce, sempre troppo, ma nel silenzio della notte che ormai sta diventando quasi mattino in cui molti dormono si può ancora ed allora tu schiacci il piede e corri. Corri perchè correre fa parte di te, e ti piace e respiri e se non corri soffri e patisci, come ogni tanto ti capita e diventi ombroso e allora piuttosto corri forte, più forte ancora, incontro al sole ed a ciò che vuoi, che siano anche solo i tuoi sogni che non vengono spenti, che tutto sommato, a sognare hai scoperto che ancora puoi, che devi, che sei capace.

Sanno dei fari e del suono ritmico delle tue ruote sui giunti dei viadotti, di sole nascente che rimbalza su mandrie di Tir placidi ed incolonnati che tu sfili veloce, di quel lontano baluginio lucente, tremolante e così caldo che a fissarlo ti abbaglia, e non riesci mai ad evitare di farlo, con le dita leggere a tenere il volante.
Ti sorprendi, osservandoli quasi in controluce sul parabrezza, i tuoi pensieri, che la mattina presto son così, più leggeri e limpidi, e profumano e sanno di buono come lenzuola stese al sole e che raramente spaventano, o preoccupano.
Ti sorprendi, pensando ai sorrisi ed ai volti ed alle camicie ed alle parole che scambierai, alle mani ai muri ed alle cose che toccherai ed agli occhi in cui ti riconoscerai. Ti sorprendi viaggiando, guardando colline che nascondono altre colline e poi ancora altre, pensando a chi ti aspetta e magari ancora riposa, e nel frattempo  nel sonno che lieve va a spegnersi, chissà perchè sorride.
Ed in quel momento hai la percezione che ne vale assolutamente la pena.

Ed allora vai ancora più forte, un poco più forte, per far prima.