"It's a Son". Con queste esatte parole, ma pronunciate nella nostra lingua - Ni 'kiume - hanno annunciato il lieto l'evento al mondo intero.
Un parto complicato ho sentito dire, non ne volevo proprio sapere di abbandonare il mio piccolo mondo, mia mamma Nadira ha dovuto impegnarsi un bel po' mentre fuori, incuranti del sole impietoso e della polvere, un pastore oziava tra le sue capre e quattro ragazzini si affannavano dietro ad un pallone fatto di stracci, che tutto sommato rotola abbastanza bene.
Nella capanna, oltre a lei, c'erano due donne del villaggio, le mkunga, pronte ad aiutarla e sostenerla, ma ha fatto praticamente tutto da sola. E dopo un po' si è alzata per andare al fiume a prendere l'acqua come fa ogni giorno. Io ero già sulle sulle spalle, avvolto bello stretto.
Sono venuto al mondo ieri. Nel mio villaggio che è un puntino sul vostro Google Earth, sperduto tra il deserto e gli oceani, mi aspettavano con ansia, la mia è una famiglia molto importante. Azibo, mio nonno, il capo del villaggio, ha fatto cucinare il gari e plantaine fritte per festeggiare.
Non vi dico l'entusiasmo, la festa, la felicità di tutti quanti, sembravano diventati matti. Pare che la notizia si sia propagata addirittura fino ai villaggi intorno. Per un attimo mi sono sentito il centro dell'universo, un principe nascente, addirittura quasi un futuro re.
Perché, sapete, quando nasce un piccolo qui è sempre una specie di festa, né più né meno di quanto accade nelle altre parti del mondo. Anche se da noi c'è una piccola complicazione, ma roba di poco conto, nulla per cui valga la pena che vi preoccupiate. Perché da queste parti del mondo, ogni anno, pare che due virgola sei milioni di noi non ce la faccia. E due virgola sei milioni di bambini che muoiono, se ci pensi, è un numero spropositato gigantesco ed incredibile se li metti tutti in fila e cominci a contarli, è come se una città come la vostra Roma la riempissi fitta fitta solo di bambini con i loro vagiti e gli urletti ed i sonagli d'osso agitati piano e poi "puff!!"li facessi scomparire tutti, in un gigantesco gioco di prestigio un po' macabro.
Ma oggi è un giorno che non ci devi pensare a queste cose, che devi festeggiare e stare felice, e poi hanno detto alla radio del nonno che anche a tanti chilometri di distanza da qui festeggiano che sembrano matti un altro bambino uguale a me, nato proprio nel minuto preciso spaccato in cui sono nato io. Ma che lui a differenza di me, vivrà sì in una capanna un poco più grande della mia, ma in un villaggio umido, freddo e triste poverino, dove la nebbia è padrona ed impedisce agli occhi dei bambini di godere del sole caldo e grande come quello che abbiamo noi qui.
E allora già mi sento un po' più fortunato.
Ah, forse non lo sapete, ma il latte è proprio la cosa più buona del mondo.
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