martedì 27 luglio 2010

Livorno, on running

Lì in alto c'è scritto 3.89, ma secondo me Google Earth esagera un tantino, probabilmente sono solo 3.50 che sommati ai 3.50 del ritorno fanno i miei primi 7 km tutti di fila. Il tempo non ve lo dico per decenza, fidatevi quando vi dico che è alto e anche, molto. Veloce come un bradipo nel periodo del letargo mi sono elegantemente liberato dall'invito a pranzo dell'impresa e, lasciando stupiti i partecipanti alla riunione, ho detto gentilmente di no al consueto piatto di liguine allo scoglio che ancora adesso, a ripensarci, mi procura un notevole aumento di salivazione ed ho spiegato che sarei andato invece a farmi una corsetta.
E così, recuperato uno spazio in cantiere mi sono rapidamente cambiato, ho inforcato gli occhiali che mi separano dal mondo, acceso il lettore su Malika Ayane e via. 
Via giù subito per lo scalo d'Azeglio e poi giù, a cercare il mare, annusandone la traccia. E' vero, lo so, dovevo fare i cinque minuti di riscaldamento e poi al massimo cinque minuti e poi via di nuovo, ci ho provato, ma non l'ho fatto apposta, giuro, la colpa è della voce suadente di Malika che iniziando a cantare mi ha distratto, perchè la musica andava a tempo con i miei passi stanchi, e con l'odore aspro di mare che sembrava mi chiamasse e i pini marittimi anche loro, che hanno quel profumo così speciale, di resina acidula e di sale, cha sa di ombra e di cicale, con i rami che sembran finti da come son fatti, e poi ad ondate altri odori e luci e ombre, ed il parco anche qui, ed anche qui fidanzati sulle panchine e parole al vento caldo di amori eterni e di baci, e vecchiette con i cani e bimbi riccioluti ed abbronzatissimi con i loro passetti, che si arrestano perplessi quando gli passi vicino e che mi ricordano la mia, che ieri sera ho fatto il diavolo a quattro ed ho spiegato  a quelli che anche se alta come un corazziere in miniatura, è pur sempre uno scricciolo di dieci anni, sola e spaesata alla sua prima esperienza lontana senza i suoi riferimenti, che se la prendi e la metti insieme ad altri cinquanta che si conoscono già tutti e la butti allo sbaraglio tra aerei, ritardi, autogrill e un albergo pietoso e triste poi urla come in caserma e sveglia svegliaaaa!! alle sette del mattino e serrande tirate su di furia ed un trattamento senza un briciolo di attenzione individuale è normale che vada in crisi. E che se va in crisi lei solo perchè non sono in grado di fare il loro mestiere io me ne strabatto che non si può e vengo a prenderla STA-SE-RA capito?
Hanno capito. Avevano capito già mentre qui si enumeravano in maniera quasi spietata tutte le carenze. Ragion per cui mentre qui al telefono si usava quel tono di voce che non ammette repliche, di là c'era già un'animatrice pronta ad usare quel minimo di tenerezza che necessitava usare e tanto è bastato. E poi scuse su scuse, che non avevano capito che era così piccola, e che era la prima volta che, ma sembra una quindicenne, sa?
Lo so che cosa sembra, è figlia mia, da me ha preso almeno l'altezza e qualche ombra ogni tanto in quegli occhi scuri che sono bellissimi, quando si aprono in un sorriso. Lo so cosa sembra, ma so com'è fatto il suo cuore, lo conosco ad occhi chiusi, ho imparato il suo battito a memoria quando era un cavallo al galoppo nella prima ecografia e so come tradurlo in linguaggio, so che ha ancora bisogno di conferme, che alcune sue radici le ha perse troppo presto ma non così tanto da impedirle di soffrire. Lo so cosa pensa quando mi abbraccia e mi dice che non vuole crescere mai. So le sue paure e le sue certezze. Conosco quali corde suonare per sentirla felice. E' figlia mia. O sarebbe più giusto affermare che io sono SUO padre. E Ieri sera, su due balconi illuminati dalla stessa luna accesa come un faro che toccavamo con un dito ed eravamo di colpo di nuovo insieme, la distanza era annullata, la voce più serena. Le ho raccontato la mia favola della buona notte così, inventandola guardando la luna e lei rideva come una matta.
E secondo me, rideva anche la luna, che in silenzio ascoltava le nostre voci insieme.
Lo so, alla fine della mia corsa di oggi non è che vi abbia detto più di tanto, lo riconosco.
Ma non importa, vero? Rimedierò domani, forse.

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