sabato 17 aprile 2010

Arriva la nuvola

Tenetevi pronti, sta arrivando.
E' grigia e silenziosa e scura. E' fatta di cenere vulcanica, impalpabile, che sa che era fuoco vivo fino a poco fa, li contiene ancora tutti i ricordi di che cos'era, giù nelle viscere più profonde.
Ferma possenti aerei con misuscoli micidiali granelli e porta freddo al sole, ridona un soffio gelato d'inverno, la pioggia sicuro, la neve addirittura, forse.
Ma la sentivo anch'io già da giorni, circondarmi e pervadermi. Li sentivo, piccoli e pungenti, schiaffeggiarmi la faccia. Sarà che, umorale come sono, io che il mio vulcano personale prêt-à-porter me lo porto sempre dentro, mai spento,  gli basta poco a lui, per risvegliarsi e oscurare il tutto. Ed è fin troppo facile allora, veder tutto nero anzi, inutile che indossi i tuoi occhiali con le lenti gialle, vedi nero comunque ed ovunque.
Ed è un periodo no, di ruggine e salita. Di cose ruvide e dure, del dover sopportare. La più brutta parola del mondo, sopportare. Io non voglio sopportare niente. Voglio fare e disfare, cambiare, dire fare baciare lettera e testamento. Beh, per quell'ultimo no, c'è ancora tempo, please.
Vorrei grattare dal muro della vita questa pagina grigia, fatta di cartone pressato e fradicio. Vorrei levarla tutta, liberandola dai rimasugli di colla appicicaticcia, riportando fuori una parete lucida e trasparentissima, cristallina.
Voglio prendere un barattolo di scolorina da spennellare nel cielo e ritrovarmi il sole caldo che mi abbronza il viso. Voglio quello che non posso o posso quello che non voglio, è uguale e diverso allo stesso tempo.
Fatica, sì. Ogni tanto viene a galla. Tranquilli, poi passa. Ma pesa finchè c'è.
E le piccole magagne diventano pesanti, opprimenti ed inamovibili macigni.
Mi son messo pure d'impegno, nel cercare di farmela passare. Per quello che posso, che riesco, per il tempo che ho, che è sempre meno di quello che vorrei, anche solo per sfogarmi a scrivere, come adesso.
Per fortuna, almeno nuoto. Vasche su vasche, in attesa della prima nuova sgambata al parco. Sono entrato in acqua con attenzione sul mio tendine da tagliandare, inforcato i miei occhialini incredibili, ci ho fissato su il mio stellare walkman subacqueo e via. Beh, quella del walkman è stata da delirio, da consigliare assolutamente. Nuotare con la musica di Enja nelle orecchie è stata un'esperienza ai limiti della fantascienza. Mi sembrava di essere un delfino, tant'è che a momenti mi dimenticavo di respirare. Sessanta vasche immersi nella musica liquida che ti avvolge completamente, fermandosi solo per rimettere gli auricolari quando sfuggono dalle orecchie. Peccato che, non avendo serrato stretto il jack delle cuffie, il mio mitico lettore, il giorno dopo, pieno di goccioline, non funzionasse più.... Beh, rimesso in sesto per fortuna. E che dire poi dell'altro giorno, dopo la mia salutare seduta sfinente di nuototerapy, mentre apparentemente rilassato mi asciugavo i capelli, i miei capelli che sono andato a farmeli tagliare e non se n'è accorto nessuno, ma proprio nessuno, neanche mia figlia, ad un certo punto mi sono accorto che, subdolamente, una massa molliccia si era impadronita della mia cute, imprigionandomeli in una morsa appiccicosa perchè un emerito stronzissimo IDIOTA aveva pensato bene di nascondere un chewingum dentro quel phon, uno su cinquanta, proprio quello che avevo scelto per asciugarmi. Sono uscito da lì con una massa irsuta sulla testa che neanche lo scienziato di Ritorno al futuro, e per fortuna che le mie amiche "prùchere", con olio e pazienza, ne hanno avuto ragione, restituendomi intatti i miei ricci, senza regalarmi una chierica da francescano.
E non mi stupisce pertanto il fatto che, complice una serata a mangiare schifezze in un locale western ed il lavoro, che quando c'è è sempre troppo e tutto per ieri, e pagasse anche qualcuno male non farebbe, l'altro giorno alla fine mi son ribeccato pure un male come quello di quel giorno là, uno di quelli totali e devastanti. Uno che mentre stai male ti dici solo non ci pensare, poi passa, ti passa. Dai, passa, sta quasi passando, adesso passa.
"Guarda se poi stai male non che non ti senta lamentarti", aveva gufato acida la consorte, vedendo che per una volta, mi stavo anche divertendo insieme ad altri esseri umani. E così, per evitare di essere buttato nel cassnetto dell'indifferenziata, alle cinque del mattino ero già in studio, libero di lamentarmi e di dire oddiomioquantostommale fino alle undici, quando, esattamente come le altre volte, il dolore assoluto pian piano è svanito, assottigliandosi lentamente e lasciandomi bello che nuovo, anche se debole e tremante come un neonato.

Così come adesso.
Non ci pensare, poi passa, ti passa. Dai, passa, sta quasi passando, adesso passa.

Tranquilli, poi passa.
Già basta scrivere un post....

4 commenti:

  1. Odio i momenti neri, la testa riesce ad arrivare in basso, così in basso che non si vede più nemmeno uno spiraglio di luce...
    l'unico senso che posso dare a questi stati d'animo, è di apprezzare e sentirsi ancora meglio nei successivi e sempre seguenti momenti positivi: stringi i denti, che tutto passa!

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  2. Passa, passa sicuramente.... intanto ti mando il luccicare del sole sulle onde del lago di stamattina...

    folada

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  3. uuuhmmmm, la faccenda del phon è drammatica ma nuova...autore geniale, direi...scusa ma la bigbabol tra i capelli è troppo comica...
    che ci sono periodi schifosi, purtroppo, che dire, bisogna accettarli e remare contro. Mai sopportare, ma accettare stoicamente e reagire. Un uomo di mare come te sa bene che dopo tre-quattro giorni di mare forza 8 torna la bonaccia... Un abbraccio

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  4. @mjaVale: hai ragione, ma è già (quasi) passata :-)

    @folada: a farmela passare han sicuramente contribuito quei riflessi, Grazie!

    @Bruno: ti assicuro che, prima di trovarla comica anch'io, ho tirato giù una trentina di santi...
    E poi, ho imparato, andando a vela, che si procede sempre, anche con vento contrario.
    E a me piace, in fondo, stare al timone, anche a forza 8.

    Thank's!!
    D&R

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