mercoledì 30 giugno 2010

Forse

Perso, dandomi tregua scaraventandomi dentro le mie fantasie, nei mei sogni ad occhi aperti in cui ultimamente trovo rifugio sempre più spesso.
Forse, pensavo, forse.
Forse, per un secondo, forse.
Nei miei ragionamenti astrusi ed estraneanti, nelle immaginazioni concatenate, così vivide e lucide che sembran vere, che non mi fanno sentire suoni e rumori.
Trattengo il fiato, disteso sul lettino, massacrando nervosamente con le dita il lenzuolino monouso di carta. La stanza è asettica ed in penombra, il macchinario emette un flebile ronzio, soporoso, aiuta a perdermi.
Il gel viene spalmato con gentilezza, dalla solerte ecografa, quasi un delicato massaggio. "Fa qualche sport?" mi ha chiesto appena sono entrato? "Sì, corro", ho risposto da sotto tutti i miei capelli, automaticamente, senza pensarci.
Corro? Sicuro? Sarei forse ancora un runner? Sono quattro mesi che non faccio praticamente più niente, che mi ero messo di buzzo buono in piscina a stordirmi di vasche e vasche e poi di colpo più niente.
Sono mesi che non penso ai mille, ai lunghi, ai fartlek. Quattro mesi che non respiro il momento, l'asfalto veloce chiazzato di ombre di alberi sotto passi nervosi, quattro mesi che non vedo il mio vecchietto, quello avrà mille anni, con la sua faccia incazzata, che corre con il sacchetto con il ricambio stretto con le dita. Quattro mesi in cui la mia vita si è ribaltata e aggrovigliata, più volte, di quei nodi stretti che alla fine fai così fatica a disfarli che converrebbe tagliare, di un bel taglio netto ed affilato.
E forse taglierei, veramente.
Forse taglierei la corda da qui, da una vita a volte troppo pesante da sopportare da soli, dalle grane e dai soldi che non bastano mai, che quei pochi che arrivano sembrano impronte sulla sabbia del mare, sparite appena l'onda si ritira.
Forse taglierei la corda dall'incapacità di vedere lontano, da tutte le pochezze, dai dai fallo tu, che così io posso lavorare meno e uscirmene bello bello facendo finta di non vedere che tu qui praticamente ci vivi, da chi non fa altro che pensare sempre e troppo a se stesso, dalle sere che non riesci neanche più a trovare conforto tornando in moto, a cercare pieghe impossibili, sotto quella luna di quel sorriso triste che sembra una ginevrina fosforescente appiccicata su un muro nero.
Forse con ce la faccio.
Forse non sarò più capace di riprendermi e riportarmi a superare la fatica del ricominciare, del sopportare di andare a sette al chilometro, al fiato grosso e al cuore che batte a centonovanta.
Forse invece dovrei capire, decidermi ad accettare che non ho vent'anni, perchè quando vent'anni li avevo sul serio quelli della mia età di adesso li vedevo come dei vecchi e quindi.

Incrocio le dita, mentre lei passa avanti, indietro, sopra, sotto, a destra, a sinistra. Il suo sguardo è calamitato sul monitor. Il mio è su questo stramaledetto rotolo di carta ruvida che ho ormai mezzo che sbrindellato con le dita.

Forse invece no.
Forse invece vorrei ritrovarmici, in quel punto preciso, quello dove per terra c'è una doppia linea bianca e scritto inizio e fine, dove ogni passaggio sono due chilometri e cento metri del mio giro. Vorrei riprovare ad scavarmi dentro per tirare quella forza e poi coraggio e finalmente sorrisi, nascosti nelle pieghe di una maglietta con la scritta run. Vorrei risentire il gesto che faccio con le dita sul ruvido della visiera del cappellino che appoggia sugli occhiali e la musica che incomincia e mi sommerge quando, per un istante magico e bellissimo mi trasformo passando da essere che cammina ad uomo che corre.
"Forse", mi dice lei, rompendo il silenzio e strappandomi ai mei forse.
Mi giro su un fianco e la guardo, interrogativo. Capace che nel mio sogno tutto personale mi sono messo a ragionare a voce alta.
"Forse può riprendere a correre, l'ultima parola la dovrà dire il suo medico curante, ma per quel che vedo il suo tendine è guarito. Ha fatto un lavoro discreto, in questi mesi. Certo, la corsa non è l'ideale, ma questi, in fondo sono tutti fatti suoi".

Mi porge la cartella ed un attimo dopo sono in sella alla mia moto. Il rombo del motore è più intenso, il sole d'improvviso è diventato più caldo ed il traffico meno fastidioso, mentre ziz zagando veloce me ne torno in studio, al mio lavoro che è sempre tanto, va bene, ma in fondo sempre meno di ieri.

Forse.

Forse un cazzo, scusate il francesismo.

Forse Certo che per mettere la testa a posto non è ancora arrivato il tempo.

E domani vado subito a comprarmi un paio di scarpe da running nuove.

6 commenti:

  1. EVVAIIIIIIIIIII
    mai acquisto sarà più gustoso!!!!
    consumale di chilometri (.. piano, con calma, come il medico ti dirà...) ma di sani, sanissimo, fantastici, emozionanti chilometri!!!
    gioisco per te, in fondo c'è sempre la luce...

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  2. gioisco anche io... questo è il giusto epilogo alla tua convalescenza e adesso vai: le scarpe nuove, l'asfalto e il tuo vecchietto incazzato sono lì ad aspettarti!!!!!!

    folada

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  3. Guaritoooooooooooo!!!...:)
    ...ma attenzzzzzione !!!
    ....mi dispiace ....sono sempre un po' rompi....perdono :)
    ...e qui è l'indole di mamma!!!...
    ...ma sono felice per Te.
    Vania

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  4. @Vale, hai ragione ed è proprio ora. Hai scritto una sacrosanta verità e vale anche per te, che so che riprenderai tra pochissimo. Auguri!
    @Folada: Grazie.. il vecchietto non vedo l'ora di incontrarlo! magari nel frattempo si è allenato e schizza cone Speedy Gonzales!
    @Vania: non sei rompi,anzi, te ne sono grato :-)

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  5. Una testa piena di energia come fa ad essere "a posto"? I sogni e l'entusiasmo scombussolano sempre tutto ;)

    Continua a correre amico mio, e fa' il pieno di vita :D

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  6. @Ify: Grazie, amica mia. Fai lo stesso anche tu, mi racomando.

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