venerdì 10 agosto 2012

I'm not Waterproof


Ovvero la fine di un mito.
E non so se potrò riprendermi dallo choc.
La tragedia si è consumata ieri. Primissimo pomeriggio. Con la scusa di dare un'occhiata ad un cantiere mi sono concesso un discreto giro in moto, principalmente per festeggiare il ritorno alla strada della mia splendida, rigidamente trattenuta sul cavalletto da noiose pastoie burocratiche dovute alla mancanza di un'assicurazione, senza la quale, pare, non si possa mettere nemmeno la ruota anteriore fuori dall'uscio dello studio delle rose, sua residenza ufficiale (l'ho dovuta spostare qui perché giù, a Bucodiculoplace, mi si immalinconiva). Google prevedeva pioggia, ma sappiamo benissimo tutti che ogni tanto Google mette pioggia apposta per andarci loro nei posti dove ci si vorrebbe andare anche noi, così loro non trovano traffico. E così me ne infischio e parto. Parto ritrovando, non appena uscito dalla mia regolarissima ma caotica città, quella semplice felicità fatta di curve e controcurve, di pieghe disegnate con il compasso e di paesaggi che cambiano, una mietitrebbia e covoni a perdita d'occhio, filari di vigne ordinatissimi su colline dai colori dorati, con cascine simili a fortezze arroccate sulle sommità. Parto ritrovando nel quieto brontolio del motore una voce amichevole, che mi dice ma sei qui, è da tanto che non ci perdiamo insieme, ed avevi la stessa voglia di essere qui che avevo io. All'orizzonte gonfie nuvole scure si ammassano le une sulle altre e sembrano giocare con me, ma si spostano al mio avvicinarsi facendosi rispettose di lato e me le lascio alle spalle, non troppo distanti. La moto, a volte, è una partentesi di egoismo assoluto, non c'è nessuno, non ci sono i telefoni, non c'è lo studio, si congelano le grane, si accantonano le urgenze e le pretese, non c'è neppure la consorte e le sue irose pretese. Per contro non c'è neanche la Ciccia, ma se metto la mano sullo stomaco mi sembra di metterla sopra la sua, esattamente dove la trovo quando faccio lo stesso gesto e lei è seduta alle mie spalle, e  gli occhi sorridenti sotto il casco di Valentino Rossi  mi guardano dal cerchio dello specchietto. 
Un giro come ogni tanto mi va di fare, che non ti serve altro, ad accarezzare la manopola del gas, le marce non troppo tirate, l'aria fresca che ti entra nel casco e ti accarezza di profumi lontani attraverso la visiera aperta, né troppo veloce né troppo lento, il giusto, con la calma per apprezzare le cose fatte bene.
Un'oretta scarsa di guida, oltre la collina della nostra città e lontano da tutto. 
Arrivo in cantiere che sorrido. La riunione scorre tranquilla, i problemi che si risolvono, sembrano nodi che si sciolgono in fretta. Ci salutiamo e riparto, pregustandomi un'altra oretta da lazzarone.
Ma le nuvole hanno un'altra idea. Loro che si erano allargate accondiscendential mio passaggio, a mia insaputa si sono poi raggruppate, accalcandosi e fissandomi corrucciate mentre mi allontanavo. E Sono rimaste lì, a gonfiarsi ed a rimestarsi, le une sulle altre, nere ed arruffate. E me le ritrovo di fronte. Il vento mi arriva a folate improvvise, mi schiaffeggia di foglie addosso e piega con forza i rami degli alberi ai lati della strada. Forse ce la faccio a tornare indietro prima che si scateni un nubifragio, mi vien da pensare, e do gas. Se riesco a forzare lo sbarramento, probabilmente arrivo in studio indenne.
Passo da un versante all'altro della collina su Torino imboccando una galleria. 
Il chiarore che mi arriva incontro nel buio è lucido ed abbacinante. Piove, ma non così tanto da farmi tornare indietro a trovare rifugio. Sono sempre dell'idea che posso scamparmela.
Ed inizio la discesa, i tornanti questa volta li percorro con attenzione, l'asfalto è lucido ed infìdo. 
Le mie scarpe sono le prime a riempirsi d'acqua, tirata su più dalla ruota anteriore che dalla pioggia. Poi tocca ai jeans, raccogliendo quello che mi cola dal giubbotto e dal sellino. E la pioggia aumenta. Mi rendo conto ad un certo punto che non ho scampo, non ho un posto dove ripararmi, è tardi anche per tornare indietro, le nuvole mi tagliano la strada anche verso la collina, il cielo ne è coperto, sono nervose, grigie scure e nere, ingobbite, tumultuose. Sospiro e penso che, per fortuna, ho il mio casco ed un giubbotto Dainese fighissimo, nero e giallo (o arancione, o perchè diavolo mi incespico sui colori se sono daltonico?) che mi è costato un rene ma che è antipioggia, antivento ed antitutto.
Arrivo in città che un diluvio così l'ha visto solo quella volta là che c'era quel signore con la barba che costruita una barca cicciarda e dietro tutta una fila di coppie di animali che gli dicevano sbrigatidaisbrigati.
L'acqua mi arriva non solo da sopra e da sotto, ma anche da destra e sinistra. Secchiate d'acqua dalle macchine in senso opposto, dalle grondaie piene, dagli alberi zuppi. Diretta e di rimbalzo, dalle folate rabbiose di vento che minacciano di farmi perdere l'equilibrio, dai tombini intasati che fan diventare le strade un guado. In alcuni punti il piede per terra scompare in venti centimetri d'acqua scura e limacciosa. Oramai fermarsi è inutile, tanto vale proseguire. L'acqua riesce a trovare una via anche attraverso il casco, mi cola sul naso, entra nel collo. Attraverso il ponte sul Po, il fiume è un tumulto, i Murazzi coperti, qualche tavolino fila via veloce nella corrente. E continua a venirne giù, a scrosci improvvisi, in alto vedi qualche strappo di chiaro ma le nuvole se ne accorgono in fretta e corrono a ricucirlo. 
Attraverso una via che sembra un lago una macchina che la percorre in senso opposto e che sembra un motoscafo, incrociandomi non può evitare di lavarmi completamente; ho la mesta consapevolezza che Dainese è la marca di un giubbotto da moto e non di una muta da sub, sono fradicio anche sotto, dentro, l'acqua entra e mi mi esce sgocciolando dalle scarpe e dai guanti che strizzo tristemente ai semafori.

Arrivo in studio ed entro nel giardino, che è un putiferio di pigne cadute e foglie macerate. Appoggio la moto e scendo. 
Ho il passo da palombaro e lascio una scia di orme sgocciolanti. Le scarpe emettono quel sgneec sgneec ad ogni passo. Da dietro ai vetri, le mie carogne sghignazzano, divertite.

Per fortuna ho la mia roba per correre, i ricambi, una tuta, un asciugamano, un paio di scarpe asciutte. Non ho un lembo di indumento che non sia da strizzare, sono completamente fradicio. Mi cambio e finisco la giornata con la tuta della Gore, i capelli lunghi spioventi e umidi, ricevendo anche un rappresentante con estrema naturalezza, come se fosse assolutamente normale vestirmi così al pomeriggio. Prima di uscire si è girato un'ultima volta e mi ha rivolto una occhiata in tralice, scuotendo leggermente la testa. Deve aver pensato che alcuni ingegneri sono veramente, veramente strani.
Ma la tragedia, quella vera, compare in tutta la sua drammaticità, mentre faccio l'inventario delle tasche. 
Il verbale di cantiere è una poltiglia masticata e irrecuperabile, il portafogli è un ammasso molliccio, gonfio ed appicicaticcio, il telecomando del cancello elettrico invece del consueto bipbipbip emette un rauco blooorpbloorp da famiglia Adams che la sera stessa farà molto ridere la mia Ciccia. 
Ma quando tiro fuori il cellulare mi raggelo. Il display è acceso, ha una strana luminescenza azzurrognola ma non compare niente. Non un numero, non un nome. Niente. Funziona, sì, riceve e trasmette, ma la rubrica - ovviamente non uso quella della SIM - è irraggiungibile, perduta per sempre nel mare dei cristalli liquidi in corto. 
Per dirla proprio tutta, devo però confessare che il mio cellulare, più che un avanzato prodigio della tecnologia, era un avanzo fatto e finito, estremamente datato, oserei dire: addirittura le malelingue di studio han sempre sostenuto che andasse ancora a transistor e che Meucci e Bell possedessero il modello immediatamente sucessivo, e c'è addirittura chi ha visto nel nubifragio, che ha posto fine alla sua lunga e gloriosa esistenza, un atto di misericordia divina. 
E sì che avevo anche provato a modernizzarmi, ma ero sempre tornato indietro. Magari non faceva le foto, non aveva display colorati e suonerie polifoniche, non spediva e-mail, non mandava cinguettii ai passerotti di passaggio, ma per Edison, le telefonate le sapeva fare eccome. Aveva una tastiera comodissima, la batteria durava giornate intere ed prendeva la linea persino nelle catacombe, gettando nello sconforto gli azzimati e griffatissimi colleghi con la evve moscia e il melafonino d'ordinanza, che ogni tanto mi capita di incrociare. Rigato, malandato, aveva resistito stoicamente a cadute da più di un ponteggio. 
Mi dispiaceva sinceramente disfarmene. Ho provato giuro, ad usarlo da non vedente - freccia verso il basso per la rubrica, tre volte   il 2 per la lettera c - e via di questo passo, e il più delle volte azzeccavo la persona da chiamare. Così facendo ho anche telefonato a persone che non sentivo da tempo, e questo tutto sommato non è stato nemmeno malaccio. Vabbè, con gli SMS ho mandato solo insulti in sanscrito, ma non capendo il sanscrito non si è offeso nessuno. 
Ma ad un certo punto ho dovuto desistere. 
Ed ci sono cascato: Sono stato conquistato anch'io da uno di quegli oggetti. No, quello là giammai, troppo glamour, per uno come me. Più discreto, non un padellone ingombrante, ma nuovissimo, lucidissimo, avanzatissimo, completissimo e velocissimo: macchina fotografica, internet, navigatore, antiautovelox (che sì che serve eccome), bussola, Wifi, computer per correre (ne parlerò), un'infinità di giochi per la Ciccia e, giuro, anche armonica a bocca. 
Ti cerca le cose in Internet, le traduce nella lingua voluta, fa i conti più complicati, trova i nomi delle stelle in cielo e, come dice la pubblicità, per ogni cosa c'è un app. 
Insomma fa tutto lui, infatti qualche volta fa di testa propria, manda messaggi doppi, si rifiuta di  chiamare chi gli sta sui chip, parte il riconoscimento vocale mentre alzo la voce con un socio e "L'utente noncapisciuncazzo non risulta presente nella vostra rubrica, aggiungi?". 
E con tutte queste qualità e tutte le cose che fa, è ovvio, non fai in tempo a girarti che già si lamenta perché alle otto e un quarto del mattino è già a corto di batteria, ma in fin dei conti questi sono solo piccoli dettagli, facilmente risolvibili con una prolunga da 8 km per i miei giri al parco.
Però lui, l'altro, quello randagio, lui che mi ha accompagnato per così tanti anni, con la sua plastica grigia una volta lucente ed ormai tutta scalfita e rovinata, che mi ha ustionato l'orecchio in telefonate lunghissime che mi scaldavano il cuore, non l'ho certo mica buttato via, cosa credete. E di là, sul davanzale della finestra che si gode la sua meritata vacanza. Riposa, osserva sornione le rose crescere, ride delle baruffe  chiassose dei passerotti. Ogni tanto lo metto in carica, e lo accarezzo distratto. 

Voi non ditegli niente, Ma su Ebay, un display nuovo, originale e imballato, mi costa 25 Euro, spedizione gratuita....

P.S. Questo post in realtà era stato messo giù per tre quarti ormai un anno fa. L'ho ritrovato tra le mille bozze che attendono pazientemente, l'ho finito e pubblicato. Il vecchio telefono è sempre là, sul davanzale. Ed Il display è ancora su Ebay. La prossima settimana lo ordino.

10 commenti:

  1. I bei momenti da egoista sulle due ruote me lì ricordo pure io.
    Un diluvio del genere pure, che se vai su youtube e vedi i filmati dell alluvione 2010 e pensi che sono passata x quelle strade più simili a fiumi ti domandi se sono in bolla... Ed ero pure senza il giubbotto nero e arancione (del mio sono sicura).
    Lasciare andare il vecchio cellulare è un trauma, non riesco a gettarlì o nemmeno prestarlì che ci sono una marea di messaggi dentro che dovrei cancellare ma non se ne parla e non capisco mai se è un bene o un male...
    Notte buona, o buongiorno a seconda dei punti di vista! :-*

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  2. Caro D&R, un giorno scriverò un post su quanto ammiri la tua penna felice: ah, quanto scrivi bene, io mi beo a leggerti! Leggo e mi dico "Ma come gli sono venuti questi aggettivi, queste metafore, questo scendere così a fondo e rendere con tale plasticità situazioni e sentimenti?". E l'ironia poi!

    Meno male che sei tornato a pieno regime, sia pure rispolverando le bozze! Ci sei mancato davvero, per quello che scrivi, e per quello che sei :)

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  3. Il passo del palombaro... :)))

    Ciao e buona domenica!

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  4. @sys: E se non ricordo male ne avevi anche scritto, del tuo viaggio sotto il diluvio. Io quando trovo un mio cellulare vecchio mi ritrovo a sorridere, rileggendo vecchi messaggi o ritrovando numeri di persone che non sento da tempo. Ma.. scusa, alle 4 di notte.. non per farmi i fatti tuoi, ma levataccia, seratona o hai trovato un lavoro come guardia notturna???
    @Ify: Come al solito troppo buona. Io spesso quando scrivo è un pò come se mi parlassi, e metto giù quello che sento o che vedo. Niente di speciale, comunque. Ma grazie.
    @giacynta: Proprio così! :-) Buona domenica anche a te!

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  5. eh Ing. che devo dirti? ad una certa età si inizia a dormire poco... mia nonna si alzava alle 5 per stirare, io alle 4 per scrivere a te...

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  6. @Sys: eccerifai? Di nuovo alle 4 di mattina? Non mi convinci, secondo me guardiano notturno... :-)

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  7. 1) te la sei cercata! certe previsioni non sbagliano mai!

    http://www.ilmeteo.it/meteo/Torino

    2) ce n'è voluto anche per me prima che mi decidessi a lasciare il mio bel vecchio Nokia che si apre e si chiude! tuttavia, non me la sento di metterlo in pensione in un cassetto e lo farò lavorare ancora un po' passandolo in altre mani (quelle della genitrice che è rimasta al modello Nokia precedente)

    3) mai e poi mai avrei lasciato il Nokia per "quello là" che hanno tutti!
    io omologata agli altriiiii??!! ma ... scherziamo o cosa?
    come ho scritto nel mio post: "tu iPhone, io Android!"
    fa anche più glamour ...

    4) se il tuo vecchio cellulare che si trova sul davanzale ti rimprovera di non averlo ancora aggiustato, grazie ad eBay, dopo un anno, sappi che sono stata io a "fare la spia" ...
    :)

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    1. Sono sempre stato convinto che le previsioni meteo, specie quelle dei finesettimana al mare, vengano pilotate :-)
      Il mio Nokia ha solo dieci anni. Due anni meno della mia Ciccia. Quindi è un giovincello, tutto sommato.

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  8. ma no!!!!
    le previsioni pilotate nooooo!!!!!!

    in tutta la mia vita ho avuto solo 2 Nokia: il primo grossissimo e pesantissimo, il secondo quello che ho appena lasciato per ... (cfr. mio post "Io sono smart")

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    1. Anch'io sempre e solo Nokia, prima di questo. Sul tuo, prometto che ci vado, non appena riesco a rispondere ai commenti! :-)

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