Sto tornando leeeentamente verso casa.
Non quella in cui abito insieme alla mia famiglia, nel comune di Bucodiculoplace, come lo definisco spesso facendo incacchiare chi, chissà perchè, riesce addirittura a trovarcisi bene, prima tra questi, mia moglie; non sto parlando della casa che sarà nostra tra soli quattordici anni e 167 rate ancora di un mutuo al limite dell'improponibile. Mi riferisco a quella che è sempre stata la mia casa "vera", nel senso più intimo del termine, il nostro solido rifugio, che contiene intatte tutte le nostre grida gioiose di bambini, che ha assorbito il tempo che è passato, che ha vissuto insieme a noi, che ci ha visti nascere, crescere ed anche lasciarla per sempre. Ha partecipato ai momenti speciali ed ai nostri dolori, caricandosene spesso il peso, un pò come il negozio di giocattoli di Mr. Magorium. E' magica? In un certo senso sì. Non è solo mattoni è cemento,è immensamente di più. Penso che dei miei quaranta e passa compleanni, in considerazione della mia personalissima data di nascita (1° gennaio), oltre il 90% sono sicuro di averli festeggiati tra quelle mura, durante le vacanze di natale.
Il mio più vecchio ricordo che posseggo è lì: siamo noi bambini che piangiamo nella vecchia cucina ancora con la stufa di legno ed i vetri fissati con il mastice (che grattavamo con le unghie) alle finestre di vecchio legno. Piangiamo perchè il veterinario era venuto per fare l'ultima iniezione al nostro beneamato cagnone, un pastore tedesco ormai troppo vecchio e malato. Non possiedo più un solo ricordo insieme a quel cane, ad eccezione di quel momento, con tutte le lacrime che non volevano saperne di smettere.
Ed in quella che adesso è la nostra sala è nata mia madre, e poi c'è il nostro giardino dove ogni pietra, ogni fiore ed ogni albero ha una sua personalissima storia insieme a noi.
Insomma casa.
E ci sto andando, nell'ora di pranzo, in treno, che non mi capitava più di prendere da chissà quanti anni. Sto facendo una veloce parentesi nella mia vita che è ritornata lavorativa al 100% in un amen dopo la pigra parentesi di agosto, per andare a riprendermi la moto, lasciata su ad annoiarsi da quando siamo tornati dalle nostre ferie troppo brevi.
Salto l'allenamento quotidiano, e per qualche giorno non se ne parla di nuovo. Mi son rotto un'altra volta. Non proprio rotto, intendiamoci, semplicemente un pò più che acciaccato. Questa volta è toccata al tendine del tallone della gamba sana, mentre stavo forzando troppo. E sì che mi ha avvertito che stavo esagerando, ma io niente. Non l'ho ascoltato ed adesso zoppico di nuovo, trascinando pietosamente la gamba sinistra. E sì che stavo andando proprio bene, con la voglia di riprendere vecchi ritmi quasi perduti e dimenticati e, sull'onda dell'entusiasmo, ho esagerato. L'allenamento tra i miei monti mi ha giovato, eccome se lo ha fatto, e mi ha portato finalmente a vedere che potevo di nuovo correre sotto i 5 al km. E così l'altro giorno, 4.26" al primo, 4.20" al secondo. Al termine del 3° kilometro avevo già più di un minuto buono, da giocarmi correndo al risparmio fino alla fine. Ma non ho rallentato e poi, chi troppo vuole... tra il 4° e il 5° km la ben nota stilettata mi faceva capire che avevo di nuovo esagerato. E se mi fossi fermato subito magari oggi non sarei quì a lamentarmi, quardando le fronde degli alberi del parco che scivolano frettolosamente da dietro il finestrino metre il treno, si sposta rapido fuori dalla città. Fa caldo, su questo regionale che, stazione dopo stazione ci impiegherà almeno un'ora e mezza a portarmi su.
Pazienza, ne approfitto per scrivere, su carta, come facevo una volta. La tastiera del computer la userò poi per riportare sul post quello che varrà la pena di metterci, o magari niente. Lo chiamerò "un vagone di pensieri". O no?
Pensieri sul numero di visite del mio sito, che è passato (e secondo me per un mero errore di qualche software) da 700 ad 11.000 visite (L'altro giorno un paio di lettori erano segnalati... in Canada)!!! Riflessioni del perchè così tanta gente ha voglia o necessità di scrivere, su quanto e quanto meglio di me (secondo il sottoscritto) sanno scrivere gli altri, che hanno dei blog con post che ti scavano e ti lasciano vuoto dentro, da tanto belli che sono. C'è ad esempio simpatia ed umorismo in quello di Simone Navarra, la delicata leggerezza ogni tanto velata di malinconia di Fragole Infinite, in cui alcuni dei mille post (ancora auguri ed a proposito: grazie alla mia prima sostenitrice ufficiale!) hanno il profumo di biscotti appena sfornati; le emozioni che diventano fiumi in piena dai blog di Barbara Garlaschelli; ascolti la bravura e la simpatia in quello di Laura&;Lory, che idealmente ringrazio perchè tutto è nato da lì, da un casuale incontro tra un clic del mouse ed un link al loro sito. E poi gli altri che seguo, pubblicamente e non, e da questi, verso altri ed altri ancora, come mille radici di mille alberi che si intrecciano tra di loro, ritrovandosi in mille vite sempre diverse, ma in qualche misura così vicino alla tua, ascoltando spesso la delicata musica delle parole che danzano sul cuore.
A proposito di cuore: sentite questa:
Il mio cuore
Potrei gettarlo tra le pietre incatramate
che bloccano la rotaia.
Potrei affogarlo in un bicchiere di gazzosa,
o spappolarlo contro
una giornata tersa.
Purché si muova purché
torni a mostrare il suo essere rosso
per elezione.
E la smetta di mandare sorrisi
cortesemente a chi siede di fronte
(Katia Sebastiani)
Trovata sul blog di cenere di rose (http://ceneredirose.splinder.com/), come può non investirti e lasciarti senza fiato, con la voglia di prendere tutto quello che ho messo giù fino ad adesso su carta e su file, erigere una pira funeraria e dedicarmi sereno alla pesca d'altura.
Capita anche che qualcuno ogni tanto si complimenti per cosa scrivo, ma, intendiamoci, siamo su piani (anzi sarebbe meglio dire pianeti) diversi. Sì, è vero, scrivo anch'io, ma lo faccio per me, per lo stesso motivo per cui corro (riuscissi!!!) per trovare calma ad un animo ultimamente troppo spesso inquieto, per dare un senso alle confuse sensazioni che mi si affollano in mente e che non riesco più a capire e mettere in ordine logico. Scrivo per rallentare il tempo che mi fluisce inesorabile tra le mani, che mi piaccia o meno. Scrivo come quando esce la spuma dello champagne di una bottiglia troppo agitata: ogni bollicina che scoppia un'idea, un sogno, un'emozione, un'aspirazione. E sono io quella bottiglia, invecchiato e, sicuramente molto agitato. (Ma pur sempre champagne, e scusate se è poco :-))))
Metto giù questo mentre sento lo scattare di serrature ed il chiudersi della lampo delle valige di chi si sta preparando; il mio treno tanto rallenta e, con quello stridore acuto ed allungato che sa di ferro su ferro frena, fino a fermarsi con lento, ultimo contraccolpo, accompagnato subito dopo dal sospiro delle porte automatiche. Gente che entra ed altri che van via, per qualcuno è la fine del viaggio, le nostre orbite di comete per un istante si son riavvicinate, se e quando questo ricapiterà non ci è dato sapere. Da fuori giungono smorzati suoni ed odori della stazione ed una musica soffocata che non riesco a definire meglio. Intorno a me, nel vagone che odora di polvere e disinfettante, poche persone sedute ed isolate ognuna nel proprio mondo, guardando distrattamente la vita degli altri che si scioglie di fuori. Poi, dopo poco, il segnale acustico delle porte in chiusura e dopo il primo scossone ripartiamo, donolandoci pigramente. Il sonnacchioso tu-tum tu-tum riprende a scandire il viaggio. La giornata è serena, il cielo sulle verdi distese di granturco è di quell'azzurro pallido che fa capire che da adesso in poi i giorni veramente caldi saranno solo più un ricordo per molto tempo. Improvviso nel binario a fianco irrompe, grintoso ed imprevisto, il TGV che schiaccia l'aria contro i nostri finestrini e, dopo un secondo assordante fatto di rumore e vento è già lontano, lasciando la sua scia fatta di foglie e carte turbinanti, insieme al suono che rapido svanisce. Poi tocca alla prima delle tante gallerie, mentre ci inerpichiamo lenti sentendo cambiare la pressione nelle orecchie, dentro le oscure viscere di quei monti che, di sopra conosco fin troppo bene. Lo scompartimento diventa scuro, illuminato da quella luce giallastra e fioca che quasi impedisce di scrivere.
E po un'altra, ed un'altra ancora, con il loro frastuono, inframmezzate da brevi lampi di luce, accompagnate poi di nuovo nel buio dalla striscia biancastra che sale e scende veloce. Mi tornano in mente viaggi lontani, come quelli del mio impagabile anno del militare ad Udine. Chissà come stanno adesso il mio colonnello di allora, ed il maresciallo che mi ha accolto a casa sua, con la sua bimba sordomuta ed incredibilmente dolce che mi adorava. Per come sono (orso o forse solamente stupido) ho perso tutto, non ho salvato nessuno di quei contatti di allora, allontanandomi, anche se il ricordo di quei giorni mi fa sorridere sempre. Ho nostalgia di quel tempo e di quei luoghi, di ritornare a respirarne l'odore, a ripercorrere gli stessi passi e riprendere il filo di discorsi interrotti come fosse stato solamente ieri. Poi mi vengono in mente altri viaggi in treno, e tra tutti quello più bello sicuramente a Parigi, dove vorrei anzi devo assolutamente ritornare, già pregustandomi il sorriso, negli occhi emozionati e luminosi della mia bimba adorata.
Fuori dall'ultima galleria, la luce e l'ultimo lacerante fischio mi riportano alla realtà, mentre lo sguardo, ancora una volta si perde, carezzando finalmente le cime di monti conosciuti.
E' la mia fermata, devo scendere.
Sono a casa.
E' davvero carico di sentimenti e di emozioni questo tuo treno, questo tuo viaggio verso casa, quella vera.
RispondiEliminaBellissima anche la poesia che hai proposto, e per me pertinente: anch'io vorrei che il mio cuore tornasse a mostrare il suo essere rosso per elezione.