lunedì 3 agosto 2009

Renè. Sul serio

Venerdì pomeriggio ho ripreso. Non uno degli spazi miei, non il lago nero in cui ogni tanto mi immergo alla ricerca di cosa non so più neanch'io. Un momento condiviso, Senza musica nelle orecchie, senza occhiali scuri che mi separano dal mondo. Io, con le mie scarpe nuove, il fiatone ed il mio amico Renè, quello vero, e non quello fatto di carta ed inchiostro, di fianco a me.
Dicevo che venerdì pomeriggio sono andato con lui. Una leggera sgambata tra i boschi e i campi alti di granturco, con il fiume che pigramente ci vedeva correre nei suoi riflessi. Da quando lo conosco è la prima volta che non mi strapazza e che mi chiede di andare piano (Dio esiste!!!), ma solo perchè ha male e parecchio. Siamo stati via mezz'ora, ed abbiamo chiacchierato correndo. Gli ho detto delle cose che scrivo e che l'ho buttato dentro alle storie di Paco, nella speranza che gli faccia piacere leggerle.
Renato è un amico portato. Portato nel senso che mi è stato presentato da un altro mio amico. Potrei dire, senza nulla togliere all'altra amicizia, con la quale ho condiviso gli anni dello studio all'università, che con lui ho fatto quasi tutto il resto. A casa sua l'ultimo bicchiere da scapolo: con lui sono stato in cima al Bianco con trenta gradi sotto zero e con lui ho visto la oscura parede Nord dell'Eiger. Insieme a lui abbiamo fatto lo Spigolo Fornelli, quella volta che mia madre l'ha cacciato di casa ed insieme abbiamo deciso di tornare indietro dalla normale al Cervino, senza neanche mettere un piede sulla via, blandamente consigliati da tutte quelle lapidi, che ci hanno fatto capire che non allora eravamo pronti. Tanto le montagne aspettano, e un giorno chissà.
Il tempo trascorso insieme è stato tanto, positivo sempre, senza eccezioni. Abbiamo avuto molti momenti sereni, alcuni momenti seri e qualche percorso di dolore. E tanti momenti ancora ci aspettano, nell'incognita delle cose che faremo. Ricordo ancora la prima volta che ci siamo incontrati. Eravamo in montagna e loro, un gruppo di matti senza pari, erano venuti su per far teatro. Recitavano e recitano ancora adesso, soprattutto fuori dal teatro. Lui è il classico elemento che esce in scena e scatta automatico l'applauso. Guidava una Fiat UNO (bianca se non ricordo male) e ci aveva chiesto se volevamo un poco di musica. E appena gli abbiamo detto sì si è messo a cantare, perchè non aveva l'autoradio.
Lui è uno che corre e che corre sul serio, alto magro, segaligno e con la smorfia di un sorriso sempre pronta ad uscire contagiandoti. Corre anche adesso che è vecchio (vero che stai leggendo?), mentre io sono rimasto un ragazzino... più o meno, forse solo affetto dalla Sindrome di Peter Pan. Pensiamo sempre che quando saremo vecchi sul serio faremo le gare in carrozzella, su e giù per i lunghi corridoi dell'Ospizio dove lavora. Che lavoro faccia è un mistero: lui dice sempre che per avanzare di carriera dovrebbe fare solo più la Madre Superiora, ma pare che il Papa non sia poi tanto d'accordo.
Grazie a lui ho cominciato a correre, mi ha aperto un mondo che non conoscevo e pertanto gli devo parecchio.
Ed il perchè ho ripreso a correre adesso lo so.
A me piace sentirmi in corsa, in tutti i sensi. Ancora a sentirmi stringere i denti. Ancora ad ascoltarmi, ad affrontarmi e a liberarmi. Ho voglia di sfinirmi, anche se ogni volta non so se ho la stessa forza di un tempo. E’ inutile che mi prenda in giro, allora correvo, correvo magari anche discretamente, ma è più giusto dire che scappavo, più o meno come adesso. L’incapacità di affrontare le cose di petto mi ha sempre contraddistinto. Corri, musica a palla nelle orecchie e continua a riperterti le stesse cose che vuoi sentirti dire, visto che non te le dice nessun altro. E poi sei così stanco che a un certo punto anche il tuo io vero, quello con le palle, quello che vorresti essere sul serio e che non hai mai avuto la forza di farlo venire a galla, si rompe i coglioni e lascia spazio a quell’altro, quello che ti dice che hai ragione, che sei bravo e anche bello e sicuramente tutto quanto ti circonda è stato fatto per te. Un poco alla volta tutte le cose storte si raddrizzano e non la vedi più così nera. In pratica un' anestesia quasi totale, escluse le gambe.
Oggi sono rimasto solo uno che corre, spesso aggrappato dentro alla sua maglietta della maratona di Abidjan, che mi spinge ancora ad ogni falcata. Sempre e comunque soprattutto uno che scappa e poi magari rincorre, quando è troppo tardi, forse.
Non gli ho mai chiesto perchè invece corre lui. Forse perchè è una cosa che sa fare davvero bene, forse perchè è così, e basta. Forse perchè prova emozioni ancora diverse dalle mie o forse le stesse. Non gliel'ho mai chiesto e forse non serve neanche saperlo.
Grazie per tutte le corse Renè. Per quelle che ho fatto insieme, per quelle che ho fatto da solo e per quelle che, sono sicuro, faremo ancora insieme.
Indovina dove vado adesso? (No, non vado a farmi una birra!!!)

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