La promessa di bere gratis immediatamente sortì un improvviso picco di simpatia nei loro confronti. Sentì partire l'appaluso, unito ad acuti urletti di incitamento. Vide la gente farsi avanti, con i volti abbronzati e sorridenti. Si trovò di colpo pieno di amici, lui che di amici ne aveva meno delle dita di una mano. Ricevette cordiali manate sulle spalle, complimenti, dammi il cinque. Si ritrovò ancora seduto sullo zaino ma con un bicchiere in mano senza sapere da chi lo aveva ricevuto. Guardò Renato con un mezzo sorriso stanco; lui di bicchieri in mano ne aveva due, uno di bianco ed uno di nero, e stava contrattando per il terzo. L'arancione e le striscie fluorescenti di una divisa gli occuparono lo spazio visivo: un medico, giovane con la barba e che portava occhiali dalla montatura strana, gli si era avvicinato, incurante del casino e gli stava esaminando un fianco con occhio critico. "L'altro lo portiamo giù con noi. A parte il polso non sembra ci sia niente di rotto. Invece bisognerebbe dargli un'occhiata a queste" Gli puntò un dito tra le costole, facendolo saltare dal male. Lui grugnì e gli lanciò un'occhiataccia. Il dottore aggiunse, con una voce cordiale e leggermente apprensiva. "E fossi in lei passerei giù da noi a farsi fare una lastra e per farsi medicare tutti questi tagli ed i graffi, prima che si prenda un'infezione. E si compri un paio di brache. Ah, e per l'onorario basta che mi leghi una volta alla sua corda. A me andrebbe bene" gli disse sorridendo, porgendogli la mano.
Paco lo guardò, sorrise a sua volta e gliela strinse. "Per l'infezione non si preoccupi dottore" li interruppe Renato. "Neanche le zanzare lo pungono a questo, perchè se no muoiono, mentre per arrampicare sah, le toccherà prenotare. E i tempi sono lunghi, a meno che..."
"Ho capito, ho capito", rispose il dottore; "Una o due bottiglie?" ed all'espressione uguale dei due che lo guardavano divertiti dopo aver esclamato insieme, come se l'avesserro studiata da tempo "e perchè solo due?" risero tutti insieme.
Bruno venne infine caricato sull'ambulanza e con lui salì sua sorella, che gli lanciò un'ultima, lunghissima occhiata, dopo aver lasciato a Tony le chiavi del SUV, che stava ordinatamente cominciando a recuperare materiale. Di lei rimase gli impresso il viso, mentre gli parlava. Lui la guardava come ipnotizzato. Lei parlava e Paco non la sentiva. La fissava dritta negli occhi incapace di staccarsene, quegli occhi color nocciola che gli facevano venir voglia di prenderle una mano, baciarne l'incavo del polso e sentirne i battiti con la pressione delle labbra
"Pronto", disse. Dall'altro capo un leggero silenzio imbarazzato, come di chi non riconosce la voce della persona che stava chiamando. Poi un "chi sei?" di una voce di donna uscì, leggermente indecisa. Paco la riconobbe subito. Era lei. Se la immaginò, mentre era al telefono. Aveva voglia di averla ancora davanti. Le avrebbe preso una mano, incurante del mondo e l'avrebbe attirata a sé, deciso, per baciarla senza darle un'alternativa, perché sapeva che lo voleva anche lei. Sorrise: no, non l'avrebbe mai fatto, ma sarebbe stato bello comunque. "Ciao sono Paco. Tony in questo momento non può rispondere. Gli devo dire qualcosa o ti faccio richiamare?" Immaginò nuovamente il suo sorriso, lo sentiva nel cambiamento del tono di voce. "Ciao. No, in realtà stavo proprio cercando te. Volevo dirti che hanno fatto uscire mio fratello quasi subito. In realtà volevano trattenerlo, ma quello già in ambulanza si è ripreso ed era incazzatissimo per essersi rotto il polso. Ha cominciato a rompere i coglioni a tutti fino a che non ci hanno praticamente cacciati fuori. Ora siamo in albergo. Ho pensato che non avevo un tuo numero di telefono per ringraziarti ed ho cercato Tony per sapere se ti poteva rintracciare. Tu come stai?"
"Mai stato meglio, soprattutto in questo momento" disse, leggermente ammicante. "Sono seduto sulla tua sdraio e mi godo il sole". In realtà voleva anche dire che era seduto sulla sdraio e per i primi cinque minuti non aveva fatto altro che respirare il profumo di lei, che aveva impregnato il legno chiaro, ma la sua scorza di riccio si richiuse rapidamente prima che potesse aggiungere altro. Poi calò un silenzio leggermente imbarazzato. Il non vederla, non avvertirne la presenza, forte quanto la promessa di un contatto, non gli bastava e lo bloccava. "Senti", aggiunse lei, liberando tutti e due da quell'impasse "stavo pensando di organizzare una piccola festicciola qui all'albergo del ristorante, per ringraziarti. Una cosa semplice, qui tra noi con quattro amici. Tu e il tuo amico potete portare chi vuoi, le vostre ragazze ad esempio." Aggiunse interrogativa. "Se dai della 'ragazza' alla moglie di Renato quella ti morde" rise Paco "ma loro non sono di qui. Grazie. Verremo volentieri solo noi due. Quando?" - "Vi va bene domani sera? Per domani penso che Bruno avrà smesso di mangiarsi il fegato e sarà in grado di assaggiare anche qualcos'altro" - "Ottimo, allora a domani sera. In quale albergo siete?" - "Al Des Geneys", rispose lei. Paco ci avrebbe scommesso, uno tra i più belli della cittadina. "Se ci sono dei problemi chiamami, il numero lo leggi sul telefono di Tony. A domani"- "Non vedo l'ora" aggiuse Paco, e mise giù.
"Chi era?" gli urlò Tony, dall'alto. "Niente, niente" rispose sornione Paco, segnandosi il numero sul suo cellulare e risistemandosi allungato, comodo comodo sulla sdraio, con il berrettino calato sugli occhi a nascondere un sorriso che proprio non riusciva a trattenere "Era per me."
"Il solito fanfarone", commentò placidamente Renato, mentre cercava di sciogliere un nodo che si era formato sulla sua corda.
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