mercoledì 23 marzo 2011

La mano dell'angelo.

Ne ho parlato qualche giorno fa e la commozione è salita ed è rotolata involontariamente fuori insieme alle parole. Proprio come allora, esattamente come ogni volta che rivivo quegli istanti e come anche in questo momento, che ne scrivo.
E' stata una parentesi aspra nella vita splendida che vivo insieme a mia figlia, come se ti lacerassero la pelle aprendoti uno strappo con le mani. E come tutte le ferite profonde, non smetterà mai di farsi sentire sotto la cicatrice.
Ricordo tutto di quei giorni, ricordo tanti volti, tanti gesti e posti ma non ricordo il volto di una persona. Idealmente l'ho inserito qui. E' lui il protagonista di quella e di questa storia.

I fotogrammi importanti ce li ho tatuati dentro. Lo spavento iniziale, quando di mia figlia, incomprensibilmente, in un attimo era rimasto solo il corpicino febbricitante ma lei non era più lì. Poi le ambulanze, le urla, la disperazione, la corsa frenetica all'ospedale più vicino. Lo smarrimento e l'incapacità di comprendere quello che stava accadendo. E lo spavento inaccettabile ed inconcepibile della prima diagnosi - non escludiamo che possa essre in pericolo di vita -  fortunatamente enormemente sbagliata.
E nello stesso momento, lentissimo, è iniziato il risveglio.
Le sue prime parole, mormorate lontane in una specie di dormiveglia sono state "voglio un bacino". Erano la cosa più incredibile e meravigliosa che fosse mai uscita dalle sue labbra, perché in quell'istante l'avevo ritrovata. Eravamo ancora insieme.
Era l'ultimo dell'anno. Siamo partiti dal primo ospedale e arrivati a quello dei bambini di Torino che erano le undici di sera. Abbiamo sentito le campane ed i botti mentre la mia piccola, esaminata scrupolosamente da uno staff di un'umanità confortante, ritornava pian piano insieme a noi. Riaprendoli quegli occhi smarriti, uno era storto.
La mattina dopo era rimasta solo la febbre alta, a tormentarla. E gli occhi erano tornati normali, e splendidi come sempre.
Da lì dieci giorni di esami ed isolamento, con quella febbre che non voleva saperne di perdere la sua forza. Di flebo cambiate, di giorni a fare esami e di notti a guardarla ed a proteggerla solo i miei occhi ed il mio cuore e le mie mani sempre nelle sue.   
E fuori e dentro dai laboratori, tra prelievi ed i mille esami fatti per capire cosa era successo, perché quel piccolo cervellino era andato per un attimo in corto circuito, c'era anche una TAC, per scongiurare possibili subdoli mali in agguato proprio lì.
E con tutto il tatto possibile, con tutti i vedrete che tanto non si troverà nulla, la data fissata per l'esame era come un macigno che aumentava di peso ogni giorno.
Il laboratorio dove veniva fatto l'esame era dall'altro capo della città e così, quella mattina presto caricarono la mia Ciccia sulla barella di un'ambulanza e partimmo.
Lui guidava l'ambulanza, in quella mattinata grigia di Torino all'alba. Un uomo robusto dagli occhi chiari e la divisa arancione, di lui ricordo solo questo. Io e la mia piccola eravamo stati rinchiusi in una stanza per tutto quel tempo e quell'uscita ci intimoriva. L'essere oggetto degli sguardi di apprensione nei corridoi, quando avrei voluto gridare a tutti cosa avete da guardare che mia figlia sta bene. Eravamo insieme, deboli e spaventati. Lui se n'è accorto, forse anche un cieco sordomuto l'avrebbe avvertito, ma il viaggio di andata è stato tutto un susseguirsi di battute per far ridere più me che lei. Sentivo il suo sguardo che mi osservava ogni volta che mi perdevo nelle mie angosce.  
L'esame fu fatto in fretta, mi levarono orologi e catenine e rimasi a tenerle la mano ed a rassicurarla mentre il cilindro ronzava intorno alla sua testa.
Poi, fuori, l'attesa. Mezz'ora, quaranta minuti, non di più, probabilmente. Ma interminabili, di un'angoscia che montava e non mi dava tregua, di pensieri e pensieri e pensieri, di mille se e mille ma. Lui, intanto aspettava, incurante e tranquillo, il momento per portarci indietro.
Ad un certo punto esce dalla porta dei referti un medico frettoloso, che non mi considera e parla direttamente con lui, gli consegna una busta verde e gli dice di riportarci indietro che lui non ha l'autorizzazione per dire niente ed in ospedale ci spiegheranno. Si volta e fa per tornare dentro, lasciandomi incredulo, svuotato e perduto.
Ma una mano sulla spalla ferma il suo passo veloce. E la voce dell'autista, pacata gli dice semplicemente "No".
Il medico si volta, sorpreso. E l'altro, con calma, fissandolo tranquillo negli occhi e con la mano sempre paternamente appoggiata gli ripete: "No. Noi di qui non ce ne andiamo. Lo guardi, è il padre - indicandomi con un cenno del volto - ed adesso lei ci dice solamente che possiamo andare via tranquilli. Il resto poi ce lo diranno anche in Ospedale".
L'altro si trincera subito dietro ad un "non posso" poi guarda me ed i miei occhi disperati, guarda lui e la sua mano che non l'avrebbe mai lasciato andare, i suoi occhi chiari ed il sorriso di uno che non sarà un medico ma sa cosa c'è nel cuore della gente. Forse anche lui, come me, vede le sue ali, sbattere pigramente.
Lentamente si toglie gli occhiali e pulendoseli con un lembo del camice il suo volto si rischiara di un sorriso quasi vergognoso e guardando le lenti dice solamente "Come ho detto prima ritornate indietro. Ma tornate pure indietro tranquilli, è tutto a posto". Si volta e sparisce.
Il mio volto è rigato di lacrime e non ci posso far niente.
L'autista mi guarda con uno sguardo da prendermi in giro, poi mi dà un finto cazzotto sulla spalla, e spingendo la barella con su mia figlia mi sussurra quasi ridendo: "Te lo dicevo io. Sai, l'aveva capito quello che se non ci avesse detto niente l'avrei anche preso a sberle. Sù asciugati, che tua figlia ha solo bisogno che tu rida" e come niente fosse ci carica e ci riporta indietro. Dopodichè sparisce, a dispiegare le ali da un'altra parte.
Sapete. E' bello sentire gli occhi umidi, pensando che questa sera ed ogni altra a venire potrò asciugarmeli tra i suoi capelli, leggendole la favola della buonanotte.

18 commenti:

  1. sorrido con te: in questa vita non sono sono stato così fortunato da poter raccontare di una figlia....

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  2. sorrido anche io con te: il tuo post ha toccato emozioni profonde dentro di me. E anche stavolta è pura poesia!!!

    Grazie

    Folada

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  3. Solo chi ama può mettersi nei panni di chi ama.
    Donare amore è semplicissimo, per alcuni è difficilissimo e il loro non amare si traduce in una parola non detta, in un incoraggiamento non dato, in un banalissimo gesto non fatto ma importantissimo per chi dovrebbe riceverlo.
    Guardare l'amore irrigidisce chi non ama. Quel medico non ha amato. Il vostro angelo sì. Tu sì.
    ps: buona festa del papà in ritardo! che per te, dopo questa esperienza, credo sia ogni giorno. :)

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  4. Davvero toccante, spero che adesso si sia risolta ogni cosa!

    Simone

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  5. Questa storia trasuda di amore. Io poi che ho sempre passato notti insonni a preoccuparmi anche quando i miei figli avevano una semplice influenza, non riesco neanche a immaginarmi come avrei reagito in una situazione simile. Ovviamente la felicità più grande è che tua figlia ora stia bene.
    E riguardo a quell'autista... io ho avuto anni e anni fa un'esperienza con un'autoambulanza... di incredibile umanità. I paramedici sono incredibili, lavorano davvero con dedizione.

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  6. Era il suo Angelo Custode, Ser @Dreaming ...
    Un Angiolone timido, ora sotto le mentite spoglie di un Autista, ora in quelle di un Papà meraviglioso !
    Lo sai, Amico mio, io non ho una Fede ( anche se non dispero d' incontrarla un giorno, magari per caso ! ), ma con un sentimento ancora superiore a qualunque Fede, credo struggentemente che esiste, in qualunque luogo del mondo, un Angelo che scelga di vegliare su un Bambino/Bambina piuttosto che volare beato e lucente nei più sublimi empirei dell' infinito firmamento, un Angelo povero e con le ali 'rattoppate', ma sensibilissimo a volare, sia pure con volo sbilenco ( eh, le ali mica gliele hanno ancora sostituite e poi a che gli servirebbero ? ), quando l' Amore è quello che Tu qui, in questo spazio dell' anima e della sincerità struggente, hai prodigiosamente evocato !

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  7. Mi hai fatto piangere... magari tra un po' mi passa, e torno.

    I figli non dovrebbero mai rischiare la vita, dovremmo poter far loro da scudo sempre, a qualsiasi costo.

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  8. @Theyogi (scusa, si scrive yogi ma come si pronuncia? ^_^), @folada: I vostri sorrisi si sentono da qui e si accompagnano al mio.

    @Bruno: Scrivi sempre cose che mi rimangono. Solo chi ama può mettersi nei panni di chi ama. Verissimo. E bellissimo.

    @Simone: sì, risolta ogni cosa. Tecnicamente, visto che sei "del mestiere" si è trattato di uno screzio di encefalite di natura virale, senza conseguenze, che a preoccuparmi bastano già le possibili tare ereditarie dovute al fatto di essere mia figlia :-)

    @Martina: quando ho quanche problema uso spesso il ricordo di quella notte come metro di paragone per valutare l'effettiva importanza delle cose. La maggior parte delle volte tutto passa in secondo piano.
    E hai ragione. I paramedici sono davvero incredibili.

    @Ser Cavaliere mi inginocchio al cospetto della sua penna, oltre che a quello del suo brando. Ed al cospetto del suo animo da prode.

    @Lady D: sai, a distanza di anni non riesco a non ritrovare ogni volta la stessa commozione di quel momento.
    Hai ragione. Non dovrebbero. Ma quando capita non sai neanche più se esisti.
    (Scusa, vuoi un fazzoletto? Dai, sù, non fare così, soffiati il naso, adesso, da brava... :-)

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  9. Stupendo, soprattutto perchè a distanza di anni o di giorni quell'esperienza ti ha lasciato tantissimo...i bimbi sono angeli e come tali andrebbero sempre protetti e curati...i mezzi con qui questo avviene è spesso un mistero con il volto di speciali esseri umani.

    Un abbraccio kate

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  10. @Kate: non solo i bimbi, anche chi ha un posto speciale nel cuore vorresti sempre proteggerlo. Ricambio l'abbraccio, forte.

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  11. ...sono passata diverse volte a leggere ...non sapevo se commentare.
    ....posso capire bene, mi è successo più di una volta un fatto "simile"....spero non mi succeda più.
    Vania

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  12. @VAnia: è successo anche a te?? Spero col cuore per te che non succeda mai più, neanche lontanamente. Un abbraccio.

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  13. Ho anche io le lacrime agli occhi... gli angeli esistono eccome... incontrarli e capirlo un pò più difficile... ma per fortuna succede!
    Un abbraccio!

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  14. @Daniela: grazie dell'abbraccio e benvenuta.

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  15. Ci piace pensare che uno dei protagonisti di questa bella storia non sia stato "soltanto" (per modo di dire) l'autista di un'ambulanza.
    E ci piace anche sperare che abbia accompagnato tante altre bambine prima e dopo tua figlia (perché purtroppo la vita è fatta così) con il sorriso sulle labbra, pronto a riportarle indietro con i loro genitori.
    Un saluto

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  16. @Aquila: sarei pronto a scommetterci. Grazie di essere passato di qui. Dai un bacio in più alla tua fatina.

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  17. ..ed è bello sapere che esistono persone capaci di farci sorridere in momenti così difficili.
    Grazie D&R per avermi ospitato.. tornerò a leggerti!!...

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