sabato 22 maggio 2010

A grande richiesta

Un post quasi dovuto. Per tutta una serie di motivi. Che elencherò nel seguito, dando ascolto al cuore, ma in maniera disordinata, come mi sento io in giorni come questi, fatti di troppo lavoro e di poco tempo per farli come si deve.

Dovuto perchè ne ho voglia, adesso, così stanco che gli occhi pizzicano e con la barba di tre giorni che punge i sogni della mia bimba, che ultimamente ho visto più addormentata che sveglia. In questo studio invece ora insolitamente vuoto, calmo nel caos di carte che regna incontrastato, in bilico dopo tutte le consegne che si sono, come consuetudine vuole, casinisticamente sovrapposte e che, miracolosamente poi, hanno trovato al fine la giusta collocazione e conclusione, incastrandosi alla perfezione le une tra le altre. E attimi fatti di silenzio come questi, dopo i mille chilometri ad una media da ritiro patente anche per le mie due prossime generazioni, dopo tutte le persone incontrate, le telefonate, le idee elaborate ed i risultati ottenuti, questa tranquillità lenta appoggiata in penombra con il chiarore del giardino fuori, le mie rose che sono esplose di colpo e Giorgia nello stereo che canta sussurrata e sottovoce, sono tutti preziosamente miei.

Dovuto per quel sereno, lontano calore che mi procura scrivere, in momenti così. Quel calore che poi ritrovo pari pari in chi mi segue, mi legge ed addirittura si preoccupa quasi, chiedendomi se sto bene perchè non scrivo da un pò, o di chi mi scrive cambia quella stilografica che ha stufato. Sì, sto bene, grazie, ma grazie non come si dice quando le parole sono vuote dentro, iobenegrazieetu? Grazie davvero, grazie perchè questi interessamenti, che trasformano uno scritto anonimo e lontano in una persona concreta sono piacevoli e fa star bene e sorridere appena, sapere che c'è qualcuno che prima o poi ascolta dall'altra parte di questo mio strano pestare sulla tastiera.

Dovuto poi per un saluto all'australopiteco lontano. Che voi non sapete di sicuro chi sia, ma se andrete a curiosare lì, sul mio mappamondo personale, in corrispondenza del continente più lontano, tra canguri e koala troverete un puntino rosso che è lui. La lunga mano dello Studio si sta allargando fin lì. Ciao Ale. Non serve dirtelo che ci manchi, come non serve sapere che nonostante il sole, le onde di quel mare incredibile, le feste e tutte le australiane che stai tacchinando come è doveroso che sia, un poco pochissimo ti manchiamo anche noi.

Dovuto infine alle mie sedie Ikea. Un saluto ed un ringraziamento speciale a loro, che dopo anni di ononorato servizio attendono quiete sotto il gazebo della vite che il camion dell'Amiat le allontani definitivamente da qui. Sapete, sono uno che si affeziona alle cose e che non butterebbe mai via niente. Devo questo probabilmente ad una qualche tara ereditaria, una strana modifica nel genoma nel mio DNA che già ai suoi tempi aveva indotto mia nonna in ottima salute  ad ingerire un purgante piuttosto che buttarlo via, perchè scadeva. Ecco qui spiegata una piccola parte delle mie stravaganze.
Non sono tirchio, badate bene, anzi. Penso che i soldi sian fatti per essere spesi, non son mai riuscito ad accumularne in banca (e ciò ultimamente è estremamente facilitato sia dal mutuo stellare per la casa di bucodiculoplace sia dalle spese criteriate della consorte), ma io che volete farci, alle cose mi ci affeziono, anche se il concetto in verità è un altro.
E' il buttar via in genere che per me è come passare le unghie sulla lavagna, un fastidio vero e proprio.
Di fatto la consorte, che vede il mio drastico calo di peso e la ripresa di una qualche attività sportiva come un fallimento al suo proposito di trasformarmi in essere succube ed informe questo lo sa: attenta comunque alla distruzione completa del mio colesterolo, può chessò, cucinare spaghetti alla carbonara per otto, e poi, dopo avermi guardato in tralice dopo che mi son servito di una porzione minuscola scartando tutti i cubetti di pancetta esclama la frase magica: "vuol dire che dovrò buttarla, Certo che dispiace". A quel punto io, invece di farle lo shampoo con gli spaghetti rimasti, regalarle un trattato sulle norme UNI e le unità di peso di tutti gli stati del mondo o comperarle una bilancia elettronica digitale precisa al centesimo di grammo con laser incorporato che se esagera la incenerisce, invece inguaribilmente capitolo. Mangio per sei e solo dopo aver ingozzato l'ultimo pezzo di pancetta unta e grassa, senza aver più la forza di alzarmi mi do ancora una volta del cretino. Oltretutto sono convinto che lo faccia in maniera deliberata, in quanto mentre sto per collassare sul pavimento, osservandola di spalle vedo sussultare il suo nero cappello da strega, segno che sta ancora una volta sghignazzando. Lei sa.
E questo è su tutto, badate, oggetti, libri e vestiti. E la mia piccola, che qualcosa da me ha preso, fa esattamente lo stesso, nascondendo maglie che non le stanno più e conservando anche le scatole delle scarpe per farne traballanti e colorati condomini dalle finestre sghembe, i cui alloggi vengono indiscriminatamente assegnati a peluches, bambole o gatta paziente che, chissà perchè, alla fine si becca sempre l'attico. E potete ben immaginare l'epilogo.

Quindi capirete come mi sento se guardo le mie vecche sedie. Sette, per la precisione, con braccioli e rotelle e cinque fisse per il tavolo riunioni. In tessuto blu, comperate nel 1997, tra le prime cose che abbiamo acquistato, a fatica con i primi soldi guadagnati. Ce le siamo caricate in macchina, portate qui e ce le siamo montate, com'è consuetudine con i prodotti di quella marca. Ci hanno sostenuto e accompagnato, in tutti questi anni frenetici. Ce le siamo scambiate, rubate e passate. Hanno assistito mute a tutte le litigate, le risate e le chiacchiere dei momenti di calma. Ci sono sempre state in tutti i mille e passa progetti che abbiamo fatto, accumulando polvere e parole. Le ritroviamo nelle foto di studio, nei brindisi di Natale, discrete, sotto gruppi sempre diversi di ragazzi sorridenti. Le abbiamo messe in fila per guardare tutti insieme le partite dei mondiali, le abbiamo macchiate con le pizze delle due di notte prima della consegna e qualcuna reca tracce di quando qui ancora si fumava. sono diventate un pò ingegnere anche loro, a furia di stare con noi.
Non le abbiamo risparmiate, certo che no. Non ci siamo risparmiati neanche noi, d'altronde. Le abbiamo consumate strappando il tessuto, a forza di usarle e non facevano più una degna figura. All'idea di rifoderarle mi han guardato tutti come se fossi un marziano. Ed alla fine, capitolando, ho dovuto cedere malvolentieri alla loro sostituzione. Adesso scrivo seduto comodamente su una di quelle nuove, nera ed acciaio lucido, elegantissima e con mille pulsanti inutili, anche se quella di prima, quella che ha accompagnato tutti questi anni qui, onestamente era un'altra cosa.
Questa potrebbe sembrare una pubblicità ai prodotti Ikea: in effetti le consiglierei, e se la casa svedese volesse ringraziarmi con una fornitura nuova potrei anche non aver nulla da eccepire, ma c'è altro.
Grazie, sedie Ikea, grazie. Questo post, alla fine, scritto in blu come il colore del vostro tessuto, è tutto per voi.
E ok, capito, vado a cambiare la stilografica!

6 commenti:

  1. Figurati, io tengo le agende usate...voglio capire come e quanto sono cambiato negli anni...ogni annotazione, anche "dentista alle 16,00 cela un'emozione" e non è solo grafologia...
    Io ringrazio te, perchè sei la classica persona con cui condividere due spaghi, anche una ipercalorica carbonara, che ho condiviso ieri a pranzo con un collega ma mia moglie non lo sa, convinta che io sia a dieta e che abbia una disfunzione ormonale perchè non perdo peso.
    Grazie anche perchè le cose che condividi qui
    non sono "cose" ma emozioni, respiri, sospiri, accelerate e frenate, di cui sicuramente sono intrise le tue sedie.
    Ciao,
    Bruno

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  2. in effetti mi chiedevo che fosse acceduto... ma per come scrivi tu, se il flusso non arriva è inutile richiederlo: non regali cronaca, ma emozioni!
    ciao

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  3. ...parole...incorniciate...:)
    ...è bene che lavori...se poi crei questi dipinti. Ciaooo Vania


    W...l'ikea...:)...per quelli come me...che ogni mese fanno beneficienza.....alle banche...;)

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  4. Vabbè che sto in ansia da evento. Ma adesso, queste sedie, ce le farai beccare mesi e mesi, come il pulcino?

    Stai scianti, sto a scherzà. :-)

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  5. Beh, vedo che hai (avuto) anche delle sedie che ne avrebbero di cose da raccontare!

    E poi, la vuoi sapere una cosa?

    A casa mia, in soggiorno, ho sei sedie, in legno e tessuto esattamente blu. Montate con le mie manine.

    Naturalmente Ikea ;)

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  6. @diamanterosa: Scusa, lo sai che mi era sfuggito il tuo commento? Chiedo venia. Comunque, vedi, ho provveduto.

    @Ify: Ognuno ha in casa dei mobili di cui solo il pronunciarne il nome è la cosa più difficile del montarli :-)

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