sabato 18 maggio 2013

Sorge dal mare

Il sole sorge dal mare, in questo mare che di giorno è un'immane distesa colore del fango.
Strano per me, questo brillare di luce tagliente che invade prepotente la mia camera d'albergo, la mattina presto. Strano per me, che il mio sguardo non ha abitudine a spaziare così in questa maniera, io che ho un mare diverso stampato nel fondo degli occhi e di quel mare ho preso forse il suo stesso animo, un animo che calmo non riesce a stare più di tanto. Questo mare liscio di qui non respira fremente di forza sotto la pelle delle onde, non ha ansie ed anse e scogliere ruvide al tatto a nasconderne la vista, non ha quel sapore tra i denti e quel colore blu profondo ed il rumore incessante di sassi che si rincorrono nella risacca, onda dietro onda. 
Strana per me questa lama fredda e luccicante, che nel mio mare invece il sole ci si immerge dentro la sera, caldo sulla pelle delle braccia, mentre il cielo esplode di rosso e si allaga di riflessi profondi.
E strano è stato anche questo viaggio, che non so, ma nella logica delle cose è candidato per essere forse l'ultimo per la mia auto, che ogni volta che dico quanti chilometri abbiamo percorso insieme tutti strabuzzano sempre gli occhi, e per la prima volta nella sua vita ha fatto un viaggio rispettando giocoforza - e di molto anche - ogni limite di velocità. Una due giorni intensa di aggiornamento tecnico, insieme a tanti che fanno più o meno il mio stesso mestiere. Ed una cena di gala a cui non ho volutamente partecipato, perché, per una volta, avevo di meglio da fare, per me stesso e basta, il mondo ogni tanto si fotta pure. Ritrovarmi nelle mie scarpe e nei miei passi veloci, su di una strada di pensieri tutta da inventare, con le mie note di sempre nelle orecchie, annusando sogni che proprio non mi riesce di smettere di sognare. Ed è stato facile rincontrare i gesti delle mie dita che fanno il doppio nodo alle stringhe,  i primi passi e poi via, il resto è un marciapiede che si srotola troppo piano, sprazzi di luce dei lampioni che ti vengono incontro e si perdono indistinti alle spalle, le poche coppie che si spostano per lasciarti passare, un cane che sembra indeciso se annusarti al passaggio o tentare l'addentata al volo del polpaccio, il buio nero della distesa liquida dietro alle cabine scrostate che si contrappone alla fila disordinata degli hotel scintillanti di luci, dalla parte opposta della strada.
Sono qui. Sono qui ancora.

E poi, se ci pensi bene, non è così strano trovarmi di nuovo su questa passeggiata, alle sei del mattino del giorno successivo. Allacciarmi con cura le scarpe, indossare il cappellino del CUS che mi ha dato la mia Ciccia (gliene avevano regalati due e lei mi ha gentilmente concesso quello che mi piaceva di più), far partire il conto alla rovescia di Endomondo fino al fatidico "libera le endorfine" ed ecco che i primi passi elastici di corsa sono già alle spalle, ritrovando un'abitudine, forse, nonostante le grane e ogni fiato amaro di questi ultimi tempi.
Sono qui, sono qui ancora. E sono io.
Io con i miei occhiali scuri ed i capelli che ondeggiano ad ogni passo. Io ed il fiato dei polmoni che esce regolare. Io e le mie scarpe che hanno buchi nuovi, ma di cambiarle non è di sicuro arrivato ancora il momento, io e questa strada con le panchine che sembrano barche, e quest'alba che s'intensifica lieve, il traffico rado, le poche persone che puliscono la spiaggia, le piattaforme in equilibrio sul filo dell'orizzonte e queste onde che accarezzano la spiaggia. Io ed i miei sogni e le mie contraddizioni, che con gli ultimi non ho ancora imparato a conviverci ed i primi ho imparato a sognarli troppo tempo fa, ma no, mi rendo conto che non ho ancora smesso, se bastano quattro passi veloci e me li ritrovo tutti quanti qui, a spingermi in avanti.
I chilometri mi vengono incontro con troppa lentezza e passano oltre, incontro pochi runner che mi fanno vergognare del mio avanzare ma va già bene che non sia finito sotto una tenda ad ossigeno, le gambe si fanno sentire imprecando.

Poche impronte, su questa lingua di sabbia dura e conchiglie, se la mia Ciccia fosse qui con me a quest'ora  invece di correre saremmo tutti e due inginocchiati per terra a cercare la più grande e più bella, quella con i riflessi di madreperla, ridendo dei paguri che tentano di sottecchi sfuggire alla cattura riguadagnando la sicurezza delle onde. Lei, che sotto un cielo lontano a quest'ora sicuramente ancora dorme, lei che mentre penso ai suoi sogni  mi alleggerisce i passi, lei che mi dona sempre la forza di un sorriso. Il passo è un martello incessante, nonostante la fatica che aumenta la voglia non si esaurisce, era troppo tempo che non mi trovavo da solo con me ed avevo troppe cose da dirmi, troppe cose da ascoltare, troppi nodi da sciogliere, troppa musica da farmi fluire nelle gambe e nelle braccia, troppi sguardi da portare lontano, troppo vento da sentirmi addosso, troppi errori da ammettere, troppe domande ancora a cui devo saper dare delle risposte. E la strada ti dà ragione, ti asseconda e ti dice vai che ne ho quanta ne vuoi, passa nei muscoli delle gambe e nelle orme che lasci, in qualche strana maniera assorbe la rabbia, i pensieri sbagliati, quelli contorti e disperati, strappa i rovi spinosi e le erbacce liberando solo quelli puliti e limpidi, quelli per cui valga la pena di.

Un'ora dopo sono nuovamente ai piedi della fontana grande, quella con le reti da pesca. Il mio hotel è di proprio di fronte. Entro mentre la città inizia piano a svegliarsi con profumi fragranti di pane e caffè. L'addetto alla reception mi squadra di sottecchi, ma non me ne curo.
Il primo sorriso della giornata è tutto mio. E della mia Ciccia, che al telefono sveglio perché si prepari per andare a scuola.

Oggi non ho un muscolo che non mi faccia male. Ma va bene così.


15 commenti:

  1. Stavo leggendo e nella mia testa è partita una canzone, e continuando il filo dei tuoi pensieri, mi sono detta Adesso gliela trovo e copio incollo il link, pure se con il tel è drammatico... Poi arrivo alla fine e quella canzone è già qui.

    Era ora D&R. Era proprio ora.

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  3. Bello, proprio bello!!! prendere un appuntamento con se stessi fa sentire in pace... si leggono emozioni positive nelle tue righe!
    un abbraccio

    Sabina Folada

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  4. correre è un piccolo e semplice regalo che facciamo a noi stessi... fa più bene all'anima che al corpo!

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  5. @Sys: l'ho scritto proprio con questa musica nelle orecchie.
    @Sabina: grazie, ricambio l'abbraccio. In pace forse ancora no, ma di emozioni positive ne ho proprio bisogno.
    @mjaVale: hai perfettamente ragione.

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  6. DR, sono contento di questa svolta. Nonostante i nuovi buchi, i nodi vecchi e nuovi, le contraddizioni e le panchine che sembrano barche...
    Scusa ma che t'eri fumato prima?

    Te lo dice uno che non ha contraddizioni.
    Vabbè DR, a te che sei come uno zio, anzi come un cugino che sennò t'offendi, sai di quei cugini simpatici, naif, che non s'arrendono mai e che invidi perchè rimangono fighi nonostante le tranvate in pieno viso...ecco a te posso dirlo.
    Ieri ho spaccato la mia prima racchetta, quella buona, e non è stato un incidente.

    T'abbraccio
    Bruno

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  7. Bruno, sono orgoglioso di te.

    E comunque naif dillo a tua sorella.

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    2. ero andato troppo sul pesante, caro DR, e temo per l'incolumità di mia sorella.
      :)

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    3. No che non eri andato troppo sul pesante, tant'è che ti ho rimesso.
      E comunque fai bene, a vivere preoccupato.

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  8. Bruno dtdc ha scritto:

    miii, permaloso sei!
    scusa, come definiresti uno che scambia le panchine per delle barche, che ama raccogliere conchiglie, che annusa sogni, che snobba la serata di gala (l'unico motivo decente per partecipare a un congresso), con le scarpe bucate e coi boccoloni che ondeggiano al ritmo di...no, non voglio saperlo...?

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  9. ahahahahhahahaa eccoli i miei Gianni e Pinotto... Totò e Peppino... Don Camillo e Peppone...Tom e Jerry...
    ecco. se mi chiedessero se c è un motivo per restare, direi i vostri scambi.

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    1. Ehi, tu. Non è che puoi dileggiarti così impunemente alle nostre spalle.
      E poi il Bruno lo sto allenando a diventar cattivo.
      Stai bene in campana, che basta un niente e lo faccio allenare con le prime di servizio sulla tua Puffa.

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    2. DR, io sono molto cattivo. E' che mi disegnano buono...
      no, non farei mai del male a quel...quella...giocatt...coso...lattin...insomma, non farei mai del male alla Puffa.
      passecchiudo.

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