martedì 27 novembre 2012

Un nuovo ricominciare


Lo zainetto monospalla blu, preparato in fretta questa mattina presto, ha tutto l'occorrente.
Anche se, a dir la verità, buona parte del ricco corredo di tute e maglie e magliette che prima potevo infilarci dentro ha non ufficialmente ma subdolamente cambiato proprietario. La piccola, che poi se vogliamo dirla tutta proprio piccola non sarebbe il termine esatto da un bel po', appesi al chiodo con mio notevolissimo rimpianto i pattini da ghiaccio ha allacciato con rinnovato entusiasmo le scarpe da atletica, iscrivendosi alla prestigiosissima Bucodiculoplace Running Team. E quando si ha da andare ad allenarsi tre pomeriggi alla settimana, con il clima umidonebbiososchifido di cui il loco medesimo è permeato dai primi di ottobre fino al mese di aprile inoltrato  (per poi lasciare immediatamente posto all'afa umidiccia ed alle zanzare che, lì, giran con la targa come i motorini) la pargola ha necessità di coprirsi ammodo e ripararsi dalle intemperie. Ovviamente, con lo Spread che impedisce al sottoscritto di avvicinarmi tessera alla mano a meno di cento metri da qualsivoglia bancomat, di soldi per magliette e pantaloni termici proprio non ce ne sono. Ma cercando bene, guarda caso, di roba buona se ne ha in casa un sacco, perché il babbo, scellerato dilapidatore di sostanze altrui - Altrui perché non porti il becco di un quattrino a casa da almeno un anno - ha speso e spaso acquistando, stile balocchi e profumi, capi di alta moda e notevole figaccine, elegantissimi e nel contempo in grado di farti sentire al calduccio pure se ti vien voglia di correre in quel del polo. E così ecco risolto il problema, basta arrotolarle le maniche di un paio di risvolti, fare il movimento medesimo con i pantaloni ed guardala lì la mia Ciccia bellissima e atleticissima, pronta a sfidare ogni intemperia con lo stile e la classe esaltata dall'abbigliamento del suo papà. Guardala lì, che cresce, suda e s'affanna, che prova e si confronta, che alle gare arriva come arriva ma non si scoraggia, che dice sono una velocista, e che così, già che c'è, perde pure qualche chiletto di troppo, ma che poi quando torna a casa, vittoriosa per quei trenta sudatissimi grammi  quotidiani persi, si mangerebbe anche il tavolo per la fame.
E tu che non hai più a disposizione tutta quella roba fighissima di cui sopra, vedi lei, sai che grazie a quello non sente freddo e sei felice lo stesso, o forse ancora di più. 
E allora, dicevo prima di divagare,  nello zainetto monospalla blu, preparato in fretta, metti la tuta dell'Adidas, quella estiva, e sotto ci cacci il caldo pensiero di lei che corre riparata insieme ad un maglione di quelli vecchi e ti senti pronto per la pugna. Di nuovo.
Ed oggi vai. Vai e ricominci, che è il tempo di farlo.
Una ginocchiera a tener ben fermo quel ginocchio che matto e malandato lo è da un sacco di tempo, ma che alla lunga si è tramutato in un bel pasticcio, a giudicare dallo sguardo serio del mio luminare e dalle sue parole tidevimettereintestachetidevioperaredinuovo,  mormorate sotto i baffi.

Sai che infilerai tra poco il tuoi ginocchio in quella macchina, che potresti anche intagliarci col temperino "D&R was here", dalle volte che l'hai fatto.
Qualche chilo messo subito sù, perché tre mesi passati senza correre nemmeno per poter attraversare la strada sono micidiali.
E tu ad interrogarti di nuovo perché sai come sarà, ci sei passato già così tante tante volte da far diventare abitudine anche questi momenti. Sai cosa vuol dire l'emozione di rincontrare le foglie secche accartocciate sul viale, sai che sapore sentirai sulla lingua per l'odore di terra umida e di funghi di questa stagione, sai come sarà il rettilineo incorniciato dai platani, la prima curva e subito dopo la leggera salita, le panchine scrostate e le scritte sui muri. Sai la musica che ascolterai passando sotto alberi oramai spogli con il rumore del traffico di sottofondo, cercando di regolare a quella il tuo fiato ed i passi. Sai che quel signore anziano che legge come ogni giorno il suo giornale passeggiando ti osserverà nuovamente passare, sai il profumo delle piadine del chioschetto e subito dopo l'odore dei binari, di ferrovia e di treni veloci che sparpagliano turbini di foglie impazzite, mentre i tuoi passi troppo lenti cadenzano sulla ghiaia. Sai che non potrai contare fino a dieci per un bel pezzo, sai che il battito del cuore tornerà ad essere da infarto già dai primi minuti. Sai che la voce dall'accento inglese di Endomondo interromperà i tuoi pensieri scandendo ogni chilometro percorso usando troppo spesso il sei. Ma a correre con una gamba sola, ti ha detto il luminare guardandoti serio come poche altre volte ti ha guardato, non puoi mica pretendere di andare anche forte. Corri se proprio non puoi farne a meno, ti ha detto, corri in piano, guai a salite o discese, corri senza spingere, che tanto, con i legamenti in quello stato spingere non puoi. Pensa che, per mal che vada almeno oggi è la giornata del "fai felice un altro runner", che a confrontarsi con te ci guadagnerà un sacco in stima.
Le sai, tutte queste cose, le sai, le conosci, le riconosci su di te, ancora una volta, goccia dopo goccia fino a diventare essenza stesse del tuo sentirti e del tuo stare così, oggi che hai voglia di ricominciare. Le sai e sei grato di rincontrarle ancora, di far nuovamente parte di quel viale, di quelle foglie pestate, della tua immagine riflessa sui vetri della giostra per i bimbi. Poco importa se andrai così piano da sembrare fermo, poco importa se l'indolenzimento al petto non ti farà quasi dormire, la sera successiva. Non sai quanta energia sarai in grado di ritrovare ancora nascosta sul fondo, non sai cosa riuscirai a fare, il tempo d'altra parte gioca il suo ruolo ed a te tocca di correre sempre un pochettino più in salita. Non sai, non serve saperlo in realtà, non oggi, non in questo momento almeno. L'importante è liberare i pensieri, che quelli almeno a correre son capaci da sempre, far l'allenamento ai sogni, in modo che possano andare più veloce, più lontano, più forte ancora. Non pensare ai tempi, al fiato, al Cervino o alla maratona di Parigi, non fare programmi, accontèntati del niente. Anzi, non pensare proprio che è meglio, che pensare fa ruggine, pensare non risolve ciò che deve andare così, non pensare alle parole che fan sanguinare - mi sto rovinando la vita per salvare quel cazzo del tuo studio - immergiti ancora una volta nei tuoi sogni, lasciali correre e corri con loro non pensare e non ascoltare, pensa agli occhi di tua figlia che, oggi, corre col cuore al caldo come il tuo. Il vostro traguardo, è tutto da inventare.
Per cui vai. E buon inizio, di nuovo.

13 commenti:

  1. Dice Confucio:
    Non importa quanto piano vai,
    l'importante è non fermarsi.

    (e non vale solo per la corsa... ovviamente.)

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    1. Beh, ti assicuro che, per andare piano, Confucio sarebbe tanto ma tanto orgoglioso di me.

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  2. Cominciano così, con le nostre cose che stanno loro grandi, e avvoltolano le maniche e le gambe dei pantaloni. Poi le avvoltolano sempre meno, e quando realizziamo che ci hanno doppiato è tardi, il mondo è già loro ;)

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  3. Poetica la descrizione della corsa e assolutamente commovente l'amore per la figliola, ma davvero non capisco questa ostinazione di voi uomini a negare l'evidenza e rischiare la salute o, in questo caso, i legamenti. E magari c'è pure qualcuno che si preoccupa per te e che tu mandi ripetutamente a quel paese :-)
    Va bhe, in gamba...

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  4. @Diemme: sì. Ho ancora un po' di tem,po a disposizione, per fortuna :-) Ma passa tutto veramente così in fretta?

    @Monica. Non è un negare l'evidenza, almeno non nel mio caso te lo assicuro, so benissimo com'è la situazione nel suo complesso e so anche che non è delle più felici. In aggiunta, sicuramente nel mio DNA ho qualche genoma modificato che mi impedisce di andare da qualsivoglia medico a meno di esser proprio proprio costretto. Ma è proprio il sapere tutta la trafila, l'esserci già passato troppe volte, il dover ricominciare nuovamente tutta la trafila, dall'intervento in poi, le stampelle, la dipendenza dagli altri per muoversi, la fisioterapia ecc. ecc. che mi fa passare la voglia.

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  5. Sai, a volte ci vuole più coraggio ad accettare le cose per quello che sono, pazientare e accettare la dipendenza dagli altri che a scalare l'Everest. :-)

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  6. uhm, sai Monica che non ne sono tanto certa... ? (ma è solo una mia opinione)

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  7. Primo: Caro Blogger, ma perché diamine non mi avverti più sui commenti ai post? (sta diventando una guerra...)

    @Monica: Non so gli altri, ma io non ce l'ho proprio dentro, quella dell'accettare e pazientare passivamente. Mentre a scalare lì sono sul mio, gioco in casa. E lì ti assicuro che è più facile. Basta un passo dopo l'altro, basta non pensare, basta non domandarsi. L'ostinazione, alla fine è una buona consigliera.

    @Sys: Perché?

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  8. La pazienza non è passiva, richiede molta volontà e dunque dispendio di energie...non c'è sudore e stanchezza muscolare e proprio questa sua veste misera non ce la fa piacere.
    Comunque, capisco che la visione maschile sia più portata all'azione, siamo diversi ed è bello così, ognuno con il suo originale contributo.

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  9. Per le stesse identiche motivazioni che hai detto tu.
    Non credo che l azione sia una visione più maschile. è una questione caratteriale, indipendentemente dal sesso. metterla sul fattore la pazienza è più femminile mi fa ricordare mia nonna quando diceva "eeeh... ghe voe passiensa che noialtre donne semo fate par soffrire".
    Credo che se Zanardi si fosse messo paziente ad accettare la sua dipendenza dagli altri non avrebbe preso tre medaglie all ultima olimpiadi (per citare solo gli ultimi traguardi) o la Camellini? stesso discorso.
    Forse poi, va fatta un ulteriore distinzione,al di là del contesto. Se si parla di una persona sportiva (come te in questo caso) o no... ma non vorrei risultare polemica o prolissa.
    In ogni caso appartengo anch io alla categoria impazienti e ostinati al limite della capa tosta, non a caso sono tornata sui tacchi! ;)

    ps. detto da te che l ostinazione alla fine è una buona consigliera... guarda. me lo segno.

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    1. Non penso che Monica intendesse questo, probabilmente voi donne avete una naturale predisposizione a vedere le cose con uno sguardo più lungo che noi non abbiamo.
      L'ostinazione ha i suoi pregi e i suoi difetti. Basta saperli riconoscere!

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  10. Devo essermi spiegata male: senza farla troppo tragica, intendevo dire che, nel rispetto del proprio corpo, è utile prestare attenzione ai segnali che manda, perchè non gli si può chiedere in ogni momento di essere al top.
    Riguardo il "dipendere" dagli altri intendevo dire che, qualche volta, accogliere le amorevoli cure di chi si preoccupa per noi non è segno di debolezza, come non lo è imparare a lasciarsi amare...perchè nessuno è autosufficiente in tutto.
    Poi,naturalmente, ognuno si gestisca come meglio crede...

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    1. No, ti sei spiegata benissimo. Ma bisogna avere la giusta predisposizione d'animo per ambedue le cose. Il fisico manda spesso segnali eloquenti, ma non è detto che gli si debba per forza dare ascolto. Magari qualche volta tocca a lui, adattarsi.
      Io in questo conosco i miei limiti. Patisco notevolmente ogni forma di dipendenza, e quando mi capita di essere costretto, anche se questo vien fatto con amore, non mi trova mai ben predisposto.

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