sabato 17 novembre 2012

La scelta

Realizzi che, molto probabilmente, è l'unica strada e proprio per questo motivo, forse, non si riesce nemmeno ad essere particolarmente emozionati nel rendersene conto. E' la naturale conseguenza di un momento che non si ha la forza o probabilmente anche le capacità per farlo andare in maniera diversa.
E ti sei reso conto di quanto più contino le persone, i gesti, gli occhi che ti guardano, le mani che si stringono. Conta il coraggio di guardare in faccia quelli che hanno creduto che questa sgangherata carriola potesse correre veloce e forse addirittura alzarsi da terra e che hanno fatto tutto quello che era nelle loro possibilità per farlo. Ed allora sacrifichi la scatola senza pensarci due volte, per salvarne il contenuto, per quegli occhi, per quelle mani, per quei gesti.
Diciannove anni da pochi giorni. Diciannove anni che, se ci pensi, sono veramente passati in un soffio. Tanti i Roberto, i Luigi, gli Alessandro, gli Andrea. E poi Enrico, Paola, Chiara, Antonio, Daniele. Tanti.
Tante le parole, le frasi che qui sono diventate parte di noi, pare addirittura che "nel contesto della situazione" sia stata addirittura pronunciata all'altare di una chiesa. 
Tanti i tappi stappati e poi riposti con cura perché in ognuno di loro è nascosto un ricordo speciale. Tante le parole rilassate intorno al tavolo grande, dopo una consegna, con i progetti belli impilati e timbrati ed i cartoni delle pizze a far compagnia alle bottiglie di birra vuote. Tante le risate, qualche sfuriata epocale, una solo questa mattina, pare che io calmo e rilassato non ci riesca a stare mai. Tanta la voglia di confrontarsi, di crescere. Ho insegnato ed imparato, molto di più sicuramente la seconda, lo penso sinceramente. Ogni singolo pezzo di qui ha la sua storia, i suoi aneddoti, le sue vicissitudini. Il primo oggetto dello studio è un evidenziatore stabilo blu, reso gonfio e grassoccio da un incendio in una baracca di cantiere, che aveva mandato in cenere tutto quello che - e credevamo fosse già tantissimo - allora avevamo. Quell'evidenziatore  è stato il nostro primo mattone e da lì siamo ripartiti ricostruendo, pazientando, recuperando.
Qui abbiamo fatto i muratori, i vetrai, gli elettricisti, i controsoffittatori, i palchettisti, con alterne fortune. Abbiamo montato e smontato mobili, lavorato sotto i nylon, con le scrivanie l'una sopra l'altra. Abbiamo fatto un pranzo di natale incredibile, con squisite prelibatezze che addobbavano il tavolo di cristallo di Norman Foster che, tempo prima, troneggiava nell'ufficio di mio padre.
Un bel giorno abbiamo avuto un sogno e abbiamo pensato che, nonostante volassimo già molto in alto, si potesse osare di più e, prendendo quell'occasione al volo, abbiamo comprato. Era già casa nostra qui - cosa che tra l'altro fa girar le balle alla consorte - perché questa l'avevamo resa nostra prima ancora: l'avevamo costruita, plasmata quasi con le nostre mani, rendendola col tempo così tanto simile a noi.
Qui davanti, mi han portato i miei piedi, quel giorno che ho salutato per l'ultima volta lui, il mio più grande punto di riferimento.
E troppo in fretta è diventato lo studio delle rose e del pino maestoso, della vite che adesso ha quei colori di freddo e di autunno, delle vetrate che la luce entra a cascate, è quel posto che chi entra per la prima volta si guarda in giro e si stupisce perché sente che è un luogo speciale. Sono i gradini su cui mi siedo d'estate per parlare al telefono con la mia Ciccia, è la pianta di limoni che quando fiorisce nella veranda spande il suo profumo di maggio anche a novembre, è la cantina con i suoi quasi duemila faldoni dei lavori. Sono i computer che hanno i nomi di quelle persone che son rimaste più piantate nel cuore e che non si cambiano. Qui sono nate le idee più bizzarre davanti alla macchinetta del caffè, qui sono nate amicizie che oltrepassano gli oceani qui si sono asciugate lacrime (causate anche dalla lettura di qualche mio post, e non so proprio bene se questo sia un complimento o meno). E' il rumore della pioggia che rimbalza e suona sul tetto, sono i gatti randagi che mi osservano curiosi dal balcone del vicino. E' il portone, che, nonostante tutto questo tempo, non ho ancora capito di che colore sia. Qui mi sono seduto per la prima volta, a scrivere in questo posto nuovo che mi ha portato lontano. Qui ho vissuto, parlato, sognato, amato, anche dormito
Ed anche la luna, vista da qui, ha un'espressione diversa.
Un giorno, smontando un pc ho trovato, scritto sul case, a matita, la frase scritta anni prima "computer di m**, ti prenderei a martellate. Ed il mio studio è composto da mille bellissimi mattoni come questo.

Ed anche se oggi si scopre che il gioco è andato storto, hai pescato male tra gli imprevisti e ti trovi qui, a passare un'altra volta dal via senza prendere niente, non serve prendersela troppo con la sorte e le carte sbagliate. Non serve. Hai giocato, ed hai vinto comunque. Basta la gratitudine che nutri per questi muri e per i passi di tutti quelli che sono passati di qui per dire che la partita è stata un successo.
E tiri i dadi di nuovo. ricomincerai un'altra partita, sperando nelle coppie di numeri che ti permettano un'altro tiro, per ricominciare, vicolo stretto e vicolo corto, magari un Parco della Vittoria prima o poi ci dovrebbe anche capitare. 
So che qualsiasi altro posto ci troverà ci renderà diversi.
E che nessun altro studio sarà uguale. 

12 commenti:

  1. ok ok! mi hai fatto piangere ancora!
    e comunque prima o poi ti convinco a buttarlo via quel mobile!
    i tappi si tengono e anche l'evidenziatore ce lo portiamo dietro ... l'avviso sul bagno l'ho puntato meglio, ma il mobile se ne va insieme alle palline di natale ...

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    1. Col cavolo! Adesso che è tutto bello pulito, oltretutto....

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  3. ecco.
    m hai fatto piangere pure me m hai fatto.
    eccheccavolo.
    non lo so... appartengo a quella categoria di inguaribili ottimisti che si aspetta la svolta all ultimo minuto quando ormai non ci spera più nessuno, e tutto si ribalta e si torna in gioco e allora eccolo Parco della Vittoria, e si vince davvero.
    perché le cose più pure e intense e vive come quei muri che parlano, i tavoli che raccontano e le anime belle che ancora non si arrendono (come te, e l Anonima qui sopra) non meritano di perdere.
    e allora incrocio le dita per te, per voi. per il pino maestoso e la pianta di limoni, la vite, le rose e pure per i gradini...

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  4. Essere positivi non significa che si è sempre pervasi da un entusiasmo concentrabile e un sorriso incessante. Essere positivi è affrontare le avversità con la voglia di emergere, la fede che se solo lo si vuole tutto si può affrontare.
    (Stephen Littleword)

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    1. @Sys: essere positivi significa non farsi sommergere, e guardare le cose riuscendo a distinguere il reale valore di ogni cosa. Io metto sul piatto della bilancia il sorriso di mia figlia.
      E allora tutto diviene più facile.

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    2. ciao. non so che dire...però...è vero...se sai che tuo figlio, che tua figlia sorride e non sente il peso di un rischio preso da chi dovrebbe assicurarle sicurezza, ogni scelta non rischiosa o una rinuncia...diventa una scelta saggia...sarà una cazzata; un paragone inopportuno ma...io preferisco non acquistare il maglione nuovo per comprare due felpe nuove alle bambine...
      dovunque andrete, le vostre competenze emotive e professionali sapranno creare nuove cose, e belle.
      in bocca al lupo, Bruno

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    3. Non è facile, sai Bruno. Riuscire a stamparsi il sorriso del "va tutto bene" non appena si varca la soglia di casa. Che non compro qualcosa per me sono oramai anni. Ma, quando mia figlia ogni sera mi corre incontro e mi abbraccia, ed è solo felice di vedermi, beh tante cose passano in secondo piano. Ciao

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  5. Io sono sempre dalla parte di chi osa e di chi ricomincia...

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    1. Ricominciare serve a non fossilizzarsi troppo. Se lo guardi bene, alla fine è addirittura un vantaggio!
      Grazie dell'appoggio Monica.

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  6. Sono confusa. Sono confusa perché prima ho letto il tuo post, e mi si è stretto il cuore, poi, prima di tornare a commentare, mi sono guardata delle immagini della guerra in Siria e allora ho pensato che, finché siamo in pace, tutto è sopportabile, tutto è affrontabile. Abbiamo avuto un lungo periodo di benessere, ma forse era quella l'eccezione, abbiamo goduto di ciò che avevamo costruito, ma davvero bisogna pensare che la meta è il viaggio, e che quello che avevamo era solo il viaggio. Portate con voi voi stessi, la vostra storia, la solidarietà che c'è stata e continua ad esserci tra di voi. Io credo che la vita riservi sempre tante opportunità, che non si sa mai da dove potranno mai saltare fuori, magari proprio dalla situazione più difficile.

    In bocca al lupo, e tenetevi stretti che il lupo creperà!

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    1. Sai che stavo facendo ragionamenti molto simili? In giorni come questi c'è chi vorrebbe fare a cambio con me. Ho visto foto di padri che tenevano in braccio i figli uccisi dalle bombe, ci sono genitori che non sanno dare una speranza ai propri figli, insieme ad un pezzo di pane.
      La vita è una corsa, finché hai gambe e fiato. Quella di adesso è solo una piccola salita.

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