Ed inanello i giri uno dietro l'altro, al mio parco. Il fiato si fa più forte, non è più come all'inizio, quando la benzina durava così poco ed arrancavo subito dopo il primo chilometro. Adesso ho la percezione dei muscoli mentre spingono portando in avanti le gambe e, per la prima volta, ho la consapevolezza di stare correndo ancora una volta. E lentamente, il tempo per percorrere dieci chilometri, si srotola riducendosi.
Ed ho corso anche oggi, che mi han detto che son "fuori come un geranio da balcone", che pioveva e faceva freddo, ma un freddo signori che neanche la mia maglia bionica stavolta poteva far più di tanto. Musica nelle orecchie a tenermi compagnia, è da un paio di settimane che alterno i miei brani all'ascolto di "In the Music" di Lucilla Agosti su RMC che incontra i miei attuali gusti.
Mi piace correre se piove, sempre, quando cadono quelle goccioline rade d'estate e le fronde degli alberi le raccolgono e ti proteggono, quando vien giù fittissima e pensosa come oggi o negli improvvisi piovaschi dei primi caldi. Mi piace, mi ci immergo, mi avvolgo e mi bagno di fuori e di dentro.
Oggi non c'era veramente nessuno, tranne due che andavano come missili e pochi sparuti altri che, per fortuna correvano più piano di me, in questo spiazzo di verde ed asfalto stranamente deserto, nessuno tranne un passante indistinto lontano nei lunghi rettilinei sotto gli alberi ancora spogli e grigi, nessuno tra le pozzanghere punteggiate di centinaia di cerchi e di coriandoli spiaccicati a macchie sull'asfalto.
Vuote le panchine, vuote le altalene ed i campetti di tennis. Non c'era il solito vecchietto che corre, curvo, tenendo stretto il suo sacchetto con il ricambio, che ogni volta che lo sorpasso lui cerca di accelerare il suo passo ed io rallento leggermente il mio. Più furbo di me, per oggi.
Non c'erano le foglie sbriciolate accumulate ai margini del vialone di ieri, assenti i primi profumi che hanno iniziato ad accompagnarmi da qualche giorno.
E non c'erano i miei nuovi tre amici, che in poco tempo siamo diventati abitudine l'uno per l'altro.
Perchè, da qualche giorno, ho tre amici nuovi
Il primo è un Lhasa Apso bianco e nero ed il secondo il suo padrone. Il Lasha Apso dovrebbe essere un cane. Ma è un cane bonsai, uno strapuntino riccioluto, un soldo di cacio di cane tutto pelo e niente arrosto che puntualmente, ogni volta che gli passo accanto mi punta e risolutamente mi arriva addosso facendo il ferocissimo, tutto latrati e denti in bella mostra. Ora, io dei cani ho paura, ma a tutto c'è un limite. E 'sto Cugino di Campagna dei cani lo fa apposta, l'ho osservato bene, mettendomi in coda dietro agli altri runners, con loro niente, li lascia passare e non li considera, ma con me è diverso, mi scruta da lontano, inizialmente la prende larga, si gira annusando l'erba facendo finta di niente e poi appena sono a tiro parte alla carica. E percorrendo quotidianamente dieci chilometri sono almeno dieci volte che lo incrocio e che lui fa finta di addentare le mie caviglie. Perché fa finta, il topo. A pochi passi si ferma, altrimenti rischierebbe di venir calpestato e lo sa bene. E non serve deviare, lui mi aspetta. E se n'è accorto anche il suo padrone, che l'altro ieri l'ha portato al parco al guinzaglio. Ma quando l'ho visto legato, anche se sapevo che se ne sarebbe fregato comunque, ho pensato che non fosse poi così giusto. Era il suo svago, il suo modo di divertirsi, forse gli stavo antipatico o non gli piaceva il colore della mia tuta. E così non appena è partito alla riscossa, in un turbinio di pelo e abbaiate stridule, mi sono fermato, inginocchiandomi, e l'ho preso alla sprovvista, carezzandolo e chiedendogli il motivo di tanta rabbia, proponendogli invece di accompagnarmi per un giro e facendogli rispettosamente notare il divario di altezza tra noi due. Ed ho scoperto che quella pulce non aspettava altro che un minimo di considerazione, ed in un attimo è stato tutto uno scodinzolio e leccatine. Fine della guerra, ho pensato.
Ma non appena mi sono rialzato il botolo ha immediatamente riacceso le ostilità. Esasperando anche il padrone, un anziano pensionato, che si è scusato confessandomi di non poterci far niente e con il quale ho scambiato qualche chiacchiera. Ed abbiamo iniziato a salutarci giro dopo giro, giorno dopo giorno, ed è andata a finire che adesso, mentre il primo mi abbaia, il secondo mi osserva arrivare da lontano, mi sprona se mi vede stringere i denti e sorride quando interrompo l'allenamento per accarezzare le orecchie del suo animale.
Il terzo è un bambino di colore, con gli occhialini tondi e i capelli tagliati cortissimi. In un tratto il parco fiancheggia una scuola materna. All'ora di pranzo, specie quando fa bel tempo, le maestre fanno uscire i bambini a giocare. E questi irrompono nel viale, contenti e gioiosi, a rincorrersi, a giocare a pallone e ai quattro cantoni. E se non fai attenzione cercando di prevederne le mosse rischi che te ne metti qualcuno sotto le suole.
Beh, lui non gioca tanto insieme agli altri. E' più spesso in disparte, magari è nuovo, o è un pò come ero io alla sua età, spero non sia dovuto alla diversità del colore della pelle. E mi osserva passare, ci osserva passare, l'ho visto il suo sguardo stupito ogni volta, di ammirazione reverenziale quasi, per noi così grandi che corriamo ancora ad inseguire i nostri sogni. E così un giorno gli ho fatto un sorriso ed un cenno di provare a seguirmi e tanto è bastato. Per quei trenta-quaranta metri in cui s'incrociano lo spazio dedicato ai loro giochi e la mia corsa mi corre a fianco, cercando sempre di battermi. E il giro dopo lo vedo, eccolo lì che mi aspetta, da solo ma non è solo come l'avevo visto prima, è lì che mi attende e si prepara, e in quei dieci secondi si libera e corre e si impegna e non è più da solo, ma è il mio terzo nuovo amico che corre felice insieme a me.
Tranne questa volta. Involontariamente li ho cercati, anche se immaginavo di non trovarli. E mi son sentito più solo a non vederli, da sotto i capelli che grondavano di pioggia.
Un poco, ma un poco soltanto.
leggo tante cose i questo bel post, al di là delle parole piene di poesia e delle vivide immagini: l'incedere della vita, le stagioni che si susseguono, la vecchiaia, l'infanzia, la maturità e il desiderio di condivisione che, come accade agli animi sensibili, spesso è la condivisione con un cucciolo peloso o con un cucciolo d'uomo. Ciao!!!
RispondiEliminaCi vuole così poco alle volte per non essere indifferenti alla Vita...
RispondiElimina@Bruno: bel commento, mi ha fatto pensare a cosa avevo scritto. Grazie!
RispondiElimina@Sonia: hai ragione. A volte bastano occhi per guardare.
E' il secondo tuo post che leggo, e l'impressione è sempre la stessa: sembra di essere là, quello che descrivi ti trascina in quel mondo, e ti fa vivere quello che racconti. I tuoi post sono da leggere e rileggere ancora, come si fa coi libri più belli.
RispondiEliminaCredo che questo blog sarà il regalo che mi farò per i prossimi giorni, un post alla volta, qualche sorso di vita, al mare o in mezzo al verde.
Ancora complimenti, e se non l'hai ancora scritto un libro, comincia a farlo, bisogna sempre averne uno pronto nel cassetto per "non si sa mai"!
@Ifigenia: non penso di esser capace a scrivere un libro, ma, detto da te, è un buon consiglio. Lo terrò a mente.
RispondiEliminaAhimè, carissimo. Sospetto proprio tu sia un dannatissimo spam. Altrimenti come si spiega, che dovrei brindare al mio successo con il cialis? Comunque sia, benvenuto anche a te.
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