La scorsa settimana, venerdì, il freddo che trapassava le mie tre magliette - Una Asics, una Nike a maniche lunghe ed una Asidas, per non far torto a nessuno - una sopra l'altra, il solito cappellino calcato sugli occhiali. ed il walkman di sempre con qualche brano nuovo.
Ho cambiato le lenti, gli occhiali presi da Decathlon hanno tre paia di lenti ed ho messo quelle gialle. Il mondo mi è subito sembrato più accogliente, la giornata ha perso quell'aspetto grigio che aveva fino ad un minuto prima, persino il sole sembrava che riscaldasse qualcosina.
Ho fasciato stretto il mio tendine di cristallo. Il medico l'ha definito "chirurgico" e ha detto che devo solo aspettare che mi chiamino dall'Ospedale. Ma nel frattempo, complici le vacanze di Natale, il tono muscolare è andato a farsi benedire ed è stato sostituito da fette di panettone rimpinzate di mascarpone, per cui è meglio che mi ridia una sistemata, in modo da ridurre il più possibile i tempi di recupero dall'intervento. "Puoi correre", ha detto il mio luminare, lui che ha aggiustato cani e porci, atleti titolatissimi ed emeriti sconosciuti e che non è riuscito a compiere il miracolo "per quel che poi, senza esagerare, tanto peggio di così è difficile che lo riduci".
Quindi posso. Venti minuti, senza forzare, tre volte alla settimana e appena sento anche solo un dolore sussurrato DEVO smettere. Queste sono le regole. Poi nuoto quanto ne voglio (mi sono comprato delle robe fighissime!!!) e stretching a non finire. Ma posso correre, ancora una volta. Sarei scoppiato se non lo facevo.
La scorsa settimana peraltro è stata un inferno, per me e per chi mi gira intorno. Si perchè il lavoro, quando c'è, ti chiama con voce prepotente, ti obbliga ad essere efficiente, reattivo, combattivo. Devi avere sempre l'idea giusta al momento giusto. Devi guardare con ottimismo le cose, devi pensare "io posso farcela" sempre. Devi essere sul pezzo, un pò macchina da guerra ed un pò artista, comunque.
E devi portare avanti questo traballante carrozzone che hai costruito tu, stringere le viti, ricucire gli strappi e farlo proseguire, comunque, superando asperità ed ogni salita. Con tutte le difficoltà del momento. I lavori nuovi da cercare e quelli da consegnare, le divergenze con i soci, la gente che non paga, quelli che ti chiedono il progetto per ieri e così via. E non basta ancora, devi essere positivo, devi tenere le briglia con fermezza, sfoggiare il sorriso a trentadue denti smagliante che serve per tranquilizzare la truppa - Tranquilli che sta andando tutto benissimo!!! - e ragionare a compartimenti stagni, suddividere i problemi grossi in tanti problemi piccoli che risolverai uno per volta e poi, la sera - non troppo tardi però - chiudere la porta dello studio lasciando dentro i problemi irrisolti e trasformarti immediatamente in padre amorevole che torna a casa sorridente, fresco e riposato, abbraccia la famiglia dando una carezza al cane che gli porta le pantofole.
Ma, a parte il fatto che la nostra gatta V.I.C. (che sta per Very important Cat, è titolatissima, pedigratissima e dotata persino di un sito internet tutto suo. Come lettiera usa la Birkini di Hermés) mai si abbasserebbe, non è poi mica sempre così facile.
Ma, a parte il fatto che la nostra gatta V.I.C. (che sta per Very important Cat, è titolatissima, pedigratissima e dotata persino di un sito internet tutto suo. Come lettiera usa la Birkini di Hermés) mai si abbasserebbe, non è poi mica sempre così facile.
E quindi può capitare che tu cada, quando non puoi appoggiarti.
Che cada in giorni così, che non vorresti neanche che cominciassero. Giorni che sai che sono storti ancora prima che suoni la sveglia, ti ronzavano malevoli ancora nei sogni. Giorni in cui non ne hai voglia, semplicemente.
Di niente: delle inutili discussioni con i colleghi, del lavoro tutto da fare, e ingegnere quando me lo riesce a consegnare, e del mutuo da pagare, e dei compiti la sera ancora da fare e ti sembra questa l'ora di arrivare. Ogni cosa sembra fatta apposta per la tua personale corsa ad ostacoli. Ed allora ti viene da dire "Fanc@lo, fate voi". Basta, lasciatemi in un angolo, decidete, fate e disfate, organizzate, vedete, io non ci sono, non esisto, mi faccio negare al telefono, mi chiudo nel mio bozzolo in posizione fetale, nascosto in una stanza buia, e guai a voi anche solo se bussate.
Di niente: delle inutili discussioni con i colleghi, del lavoro tutto da fare, e ingegnere quando me lo riesce a consegnare, e del mutuo da pagare, e dei compiti la sera ancora da fare e ti sembra questa l'ora di arrivare. Ogni cosa sembra fatta apposta per la tua personale corsa ad ostacoli. Ed allora ti viene da dire "Fanc@lo, fate voi". Basta, lasciatemi in un angolo, decidete, fate e disfate, organizzate, vedete, io non ci sono, non esisto, mi faccio negare al telefono, mi chiudo nel mio bozzolo in posizione fetale, nascosto in una stanza buia, e guai a voi anche solo se bussate.
E quindi vedi nero, e del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto non c'è più traccia, probabilmente ti han bevuto l'acqua di nascosto e fottuto il bicchiere. Ti inventi mille paure, vivi male e fai vivere male gli altri.
Poi, per fortuna questi momenti cambiano. E non ci vuole poi molto. Basta un semplice gesto.
Allacciarsi le scarpe.
Allacciarsi le scarpe.
Prendi la moto. Fanc@lo al freddo. Arrivi al Parco. Ti prepari. Calzi le scarpe da running, le mie Saucony, che mi dicono sorridenti "Hei, ce ne hai messo di tempo!".
Le allacci, terminando con una secca stretta sull'ultimo nodo. Fai due respiri profondi, un altro ancora. Non è che respiri soltanto, assorbi, ti carichi e ti inebri di quell'aria che sa di passi leggeri sull'asfalto, di foglie macerate dal gelo e di traffico lontano. Guardi con occhi perduti, velati dalle lenti gialle, quel viale alberato. Sei di nuovo qui.
Un pò di stretching, poi la musica si accende nelle orecchie e vai. E parti. Piano, per carità. Lui ha detto piano, e piano vai, sei al chilometro, niente di meno. Non hai neanche il cardiofrequenzimetro, per come vai non serve. E il percorso riprende, nel punto esatto dove si era interrotto nel male di tre mesi fa. La corsa riprende il suo ritmo, ritorna in circolo, gira nel sangue. E fa il suo lavoro.
Il freddo è polare, fa quasi male al petto respirare ma l'effetto benefico e rigenerante non tarda ad arrivare. E piano piano ti si scioglie l'angoscia come sfuma il giaccio sul vetro della macchina.
E svolgi come i grani del rosario i problemi, le paturnie e le paure. E un passo via l'altro li guardi, obiettivamente. Te ne fai carico, non ti fai affondare sopraffare, ne valuti l'importanza, il reale peso ed in un attimo li superi. Te li lasci alle spalle, uno per uno, come tutti quei passi di corsa che in poco tempo hai già macinato. Guardi la strada, ti senti bene, tonico, fisico, vivo. Ritrovi gli angoli di sempre, i colori, il vecchietto che sembra una tartaruga e che d'estate corre con il sacchetto del ricambio in mano - adesso ha una tuta per difendersi per il freddo, un berretto di lana - e che continua, indefesso, a velocità da bradipo a percorre il parco in senso inverso al mio. Ha lo sguardo che sembra anche lui che dica Fanc@lo alla vecchiaia, alla pensione e al ricovero, io non mollo. E immediatamente ti sembra più simpatico.
E scopri altre cose di te. Cose che magari già sapevi, che hai sempre saputo ma che ultimamente ti sei ben guardato dal vedere. Scopri che a volte hai paura. Hai paura di non farcela. Hai paura di cambiare, di crescere di invecchiare. Di non aver più le forze per fare tutto quello che ancora vuoi, e di cose ne vuoi ancora tante. Hai paura di perdere, di perdere quello che hai, le cose meravigliose che hai, che basta che ti guardi intorno e quante ne conti.
Quante ne hai di cose meravigliose, quante. In un attimo sono tutte lì, reali, davanti a te, tue.
I problemi sono stati portati via da un soffio di vento, non li vedi, o si sono solo nascosti dietro, forse. Ma di colpo non sembrano più così importanti.
Fanc@lo alla paura. Alla paura che è piccola, ora, minuscola, inerte. Stretta nel pugno che si muove al ritmo della corsa. Domani magari sarà più forte, ma non è che sia necessariamente un male così grande. C'è, fa parte di te, delle cose, della vita. Ma sai che hai fiato, gambe ed energie per correrle a fianco, a lungo, sfiancarla e sorpassarla, basta un allenamento costante e un pò di determinazione in più. Ed ottimismo sempre. Il bicchiere è tornato ed è pieno, colmo d'acqua fresca.
I venti minuti sono già finiti. Mi fermo, da bravo, come ho promesso. Stretching per defaticare ed altri venti minuti agli attrezzi. Risalgo in moto rigenerato, metto il casco su un sorriso che parte dal cuore che per un pò difficilmente mi lascerà.
Oggi infine ho visto un video che mi ha emozionato, e mi ha anche dato parecchio da pensare. Magari voi lo conoscete già, l'avrete visto in televisione, ne hanno parlato dappertutto han detto, ma io non ne sapevo niente, giuro. Ne ho sentito parlare confusamente l'altra mattina nella trasmissione di Marco Galli su 105, verso le sette. Parlavano di un certo Nick in un modo che mi ha incuriosito. Una rapida ricerca su internet ed ecco qua.
Le allacci, terminando con una secca stretta sull'ultimo nodo. Fai due respiri profondi, un altro ancora. Non è che respiri soltanto, assorbi, ti carichi e ti inebri di quell'aria che sa di passi leggeri sull'asfalto, di foglie macerate dal gelo e di traffico lontano. Guardi con occhi perduti, velati dalle lenti gialle, quel viale alberato. Sei di nuovo qui.
Un pò di stretching, poi la musica si accende nelle orecchie e vai. E parti. Piano, per carità. Lui ha detto piano, e piano vai, sei al chilometro, niente di meno. Non hai neanche il cardiofrequenzimetro, per come vai non serve. E il percorso riprende, nel punto esatto dove si era interrotto nel male di tre mesi fa. La corsa riprende il suo ritmo, ritorna in circolo, gira nel sangue. E fa il suo lavoro.
Il freddo è polare, fa quasi male al petto respirare ma l'effetto benefico e rigenerante non tarda ad arrivare. E piano piano ti si scioglie l'angoscia come sfuma il giaccio sul vetro della macchina.
E svolgi come i grani del rosario i problemi, le paturnie e le paure. E un passo via l'altro li guardi, obiettivamente. Te ne fai carico, non ti fai affondare sopraffare, ne valuti l'importanza, il reale peso ed in un attimo li superi. Te li lasci alle spalle, uno per uno, come tutti quei passi di corsa che in poco tempo hai già macinato. Guardi la strada, ti senti bene, tonico, fisico, vivo. Ritrovi gli angoli di sempre, i colori, il vecchietto che sembra una tartaruga e che d'estate corre con il sacchetto del ricambio in mano - adesso ha una tuta per difendersi per il freddo, un berretto di lana - e che continua, indefesso, a velocità da bradipo a percorre il parco in senso inverso al mio. Ha lo sguardo che sembra anche lui che dica Fanc@lo alla vecchiaia, alla pensione e al ricovero, io non mollo. E immediatamente ti sembra più simpatico.
E scopri altre cose di te. Cose che magari già sapevi, che hai sempre saputo ma che ultimamente ti sei ben guardato dal vedere. Scopri che a volte hai paura. Hai paura di non farcela. Hai paura di cambiare, di crescere di invecchiare. Di non aver più le forze per fare tutto quello che ancora vuoi, e di cose ne vuoi ancora tante. Hai paura di perdere, di perdere quello che hai, le cose meravigliose che hai, che basta che ti guardi intorno e quante ne conti.
Quante ne hai di cose meravigliose, quante. In un attimo sono tutte lì, reali, davanti a te, tue.
I problemi sono stati portati via da un soffio di vento, non li vedi, o si sono solo nascosti dietro, forse. Ma di colpo non sembrano più così importanti.
Fanc@lo alla paura. Alla paura che è piccola, ora, minuscola, inerte. Stretta nel pugno che si muove al ritmo della corsa. Domani magari sarà più forte, ma non è che sia necessariamente un male così grande. C'è, fa parte di te, delle cose, della vita. Ma sai che hai fiato, gambe ed energie per correrle a fianco, a lungo, sfiancarla e sorpassarla, basta un allenamento costante e un pò di determinazione in più. Ed ottimismo sempre. Il bicchiere è tornato ed è pieno, colmo d'acqua fresca.
I venti minuti sono già finiti. Mi fermo, da bravo, come ho promesso. Stretching per defaticare ed altri venti minuti agli attrezzi. Risalgo in moto rigenerato, metto il casco su un sorriso che parte dal cuore che per un pò difficilmente mi lascerà.
Oggi infine ho visto un video che mi ha emozionato, e mi ha anche dato parecchio da pensare. Magari voi lo conoscete già, l'avrete visto in televisione, ne hanno parlato dappertutto han detto, ma io non ne sapevo niente, giuro. Ne ho sentito parlare confusamente l'altra mattina nella trasmissione di Marco Galli su 105, verso le sette. Parlavano di un certo Nick in un modo che mi ha incuriosito. Una rapida ricerca su internet ed ecco qua.
Un poco mi sono vergognato, lo confesso. Ragazzi, abbiamo così tanta energia, dentro di noi, ma così tanta da fermare il mondo.
E se vi capiterà una contrarietà, una nota sbagliata, stonata, fate come me: "Fanc@lo al problema!"
e basta poco per ritrovare il sorriso.
D&R
noi siamo energia, noi siamo anima
RispondiElimina... le persone piu interessanti ke ho conosciuto sono quelle ke sanno trasmettere queste due cose di loro ... ki non le possiede si perde nell'apparenza!
...Slaymer has spoken!!!
Tanta energia da fermare il mondo.
RispondiEliminaO, meglio ancora, da mandarlo avanti.
@Slaymer: O cielo, mi ho dismentiato anche te?
RispondiElimina@Ify: non ci vuole poi molto, basta non pensarci così tanto.