No, tranquilli, non è un post alla San Francesco, non sono certo il tipo. E neanche un augurio per un nuovo nato, anche se qui, tra collaboratori ed ex, tutti dotati di ormoni ed energia in esubero, tra poco mi sa che ci dovremo allestire un kinderheim, al posto del giardino delle rose.
Sto parlando del mio amico fisico, "il Mondo".
Ciao Mondo. Non sai con quanto piacere e con quanta voglia ti scrivo.
Non so quanti amici una persona possa meritarsi nella vita. Chissà, al massimo una decina, presumo. A differenza del mio socio anziano, che chiama amico il lavavetri del semaforo, il dentista ed il benzinaio sottocasa, io sono leggermente più difficile (o più orso, a seconda di chi mi giudica) e contemplo nella categoria "amici" al massimo... fatemi pensare... sì, cinque o sei persone; per i prossimi, dunque spero di avere ancora tempo. Ma badate bene, uno, anche uno solo, ma vero, limpido, è un regalo insostituibile.
Sapete, per me, amico è una parola quasi magica, la massima espressione di un'affinità che è rarissima da scovare; è fiducia totale ed incrollabile, è emozione e complicità, è parlarsi per comprendersi, oltre a mille altre cose, che di sicuro capite. E' quella voce, che né il tempo né la distanza cambiano. E' una sosta sicura, ecco.
Lei, che è andata via da poco, è ancora una tra le mie soste più salde. E più belle.
Beh, e lui è uno di quelli. Il Mondo.
E si merita questo post di benvenuto, che di questa mia "creatura" non ne sapeva ancora niente. Non di più però, se no poi si monta la testa.
Il primo ricordo che ho, la prima cosa che abbiamo fatto insieme è stato, in una domenica fatta di niente, di ore che non ne volevano saperne di passare, spazzar foglie secche in un'enorme piazzale di una caserma vuota da difendere dal nemico, in quella lontana regione dove un giorno vorrò tornare.
Ricordi, vero? Certo che ricordi. Come non puoi dimenticare i gavettoni epici che ci siamo fatti in divisa, la tua licenza per l'esame all'Università ed una miriade di altre cose, di quei giorni spensierati e velocissimi.
E come non puoi dimenticare le frasi "da approccio" in piemontese che ti insegnavo (Madamin chila a bala?), che, onestamente, pronunciavi in maniera veramente terribile.
Ed in quell'anno, fortuna doppia, in quella città incantevole, ho conosciuto anche un'altra persona che ancor oggi mi onora della sua amicizia. Ma scriverò su di lui, anzi su di loro, un'altra volta.
Insieme abbiamo fatto tante cose, in quegli anni. Attraversato montagne, festeggiato Capodanni, dormito in tenda, bevuto grappa ai mirtilli la sera nei rifugi in giro per le Alpi, con lui che era ancora convinto di essere astemio.
Insieme abbiamo parlato sempre, riso tanto, discusso animatamente tantissimo. E no, non abbiamo mai litigato, che ricordi.
E' stato anche un mio quasi cognato, per un periodo brevissimo. Poi però, per fortuna sua, si è svegliato giusto in tempo. Peccato, sarebbe stata l'eccezione che conferma la regola nel mio teorema che i cognati sono generalmente stronzi.
Le prime cose che di lui, allora, mi han colpito sono state l'intelligenza vivace mischiata ad una straordinaria sensibilità, quella capacità che aveva e che ha ancora di ascoltare e di farsi ascoltare, una tranquilla esuberanza, e tante altre cose.
Trovavo invece estremamente disdicevole, anzi quasi irritante che a lui la divisa donasse più che a me (con tutto quel che ne consegue in termini di friulane locali che gli ronzavano intorno), ma questa è un'altra storia.
E', per indirizzo di studi ed aspetto, quello che definisco il mio amico "fisico".
Ex Transalpista (ex per furto), attualmente motociclista da Ninja e con il sogno economicamente irraggiungibile di una Morini Granpasso, ha all'attivo migliaia di chilometri macinati per le strade di mezz'Europa, altro che il sottoscritto, guidatore di due ruote della domenica.
Non ha legami a lungo termine, lui, poche radici profonde, e quelle tagliate, forse, non si son mai rimarginate del tutto.
Invidio bonariamente la sua indipendenza, la capacità di inventarsi ogni volta con caparbietà ed ostinazione, di trovare nuovi stimoli ed affrontare con un'entusiasmo ed una determinazione non comune ogni nuova prova che il destino gli propone.
Non ci vediamo da troppo. Glielo dico spesso, lo diciamo insieme ogniqualvolta ci sentiamo al telefono in quelle lunghissime chiacchierate che servono per accompagnarci a casa l'un l'altro; e non so quando riusciremo, lui, adesso impegnato tra il mestiere di ricercatore ed i terremoti, il Giappone e le giapponesine (della serie il lupo...) ed io, preso, tra il mio lavoro, la mia bimba e le mie smanie. Anche se poi, a pensarci bene, non sarebbe poi così difficile decidersi e scansar via tutto, per un giorno o due a rivedere da vicino le tre Cime di Lavaredo o ad inseguire pieghe su per qualche strada nuova, in un posto qualunque, tra me e lui. Tranquillo, nel bauletto del Transalp metto una bottiglia di Dolcetto ed una toma di media stagionatura.
Non so se voi sognate mai sogni impossibili, di quelli ad occhi aperti. Io ovviamente sì, e spesso. In uno dei miei sogni fantastici mi vedo, fresco vincitore di un sei al Superenalotto (al quale, per inciso, non gioco praticamente "mai"). Sapete cosa mi immagino? Caraibi, Ferrari, escort? Niente di tutto questo.
Sogno di imbarcarmi, in sella ad una Benelli Trek Amazonas nuova fiammante, in un viaggio fino in Centro Italia. E di mandargli, una volta arrivato sotto la finestra del suo ufficio, un SMS con scritto "Affacciati. Perché non ricordo il colore".
E di traverso, sul marciapiede, accolgono il suo sguardo sorpreso tre Morini Granpasso, una per colore (cioè la Morini ne fa solo due versioni, ma nel sogno il tre ci stava bene).
Ed ogni tanto ti sento stanco, amico mio. Come l'ultima volta, quando mi hai detto che probabilmente non avresti la forza, con il momento difficile che tutti patiamo, di essere anche responsabile nei confronti di qualcuno, di una famiglia o dei figli, come faccio io. Niente di più sbagliato, ti conosco abbastanza bene da smentirti. Hai spalle abbastanza larghe per prenderti carichi ben più pesanti, lo so e lo sai benissimo. Ti manca solo l'occasione giusta (Pssst, e se putacaso ancora ti interessasse, al mio cognato "l'altro" posso sempre far capitare un incidente :-))
Sai Mondo, la vita, il tempo, le cose che abbiamo dovuto affrontare son state tante, nel bene e nel male. Ma le abbiamo passate tutte, e siamo qui. Per fortuna non ci hanno cambiato troppo, o ci han cambiato nella stessa maniera, così piano che non ce ne siamo quasi neanche accorti.
Dai, Mondo troviamocelo, quel tempo fatto di niente. Per farci una camminata dove l'aria è frizzante, per un gavettone inaspettato o, più semplicemente per andare a cercarci un paio di ramazze e far su un mucchio di foglie secche insieme. O in alternativa disperderle di colpo, passandoci sopra in moto.
D&R